IL CARAVAGGIO A ROMA

 

 

A Roma siamo smaliziati e non prendiamo molto sul serio né noi stessi né ciò che ci è attorno, forse per colpa di quei Papa Re che cinti di stole e sacri paramenti vedevamo darsela a gambe levate sollevandosi le sottane, lungo il “passetto” di Castel Sant’Angelo ogni qual volta avevano sentore di un qualsiasi pericolo terreno. 2672815-asciaFossero le milizie di Carlo VII di Francia o i lanzichenecchi di Carlo V. Cosi abbiamo guardato con sufficienza perfino l’avvento dei “grillini”, sicuri che anche loro come tutti gli altri sarebbero finiti a cena davanti a un piatto di spaghetti all’amatriciana con i loro peggiori nemici.

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Abbiamo conquistato il mondo, altro che smacchiare giaguari o pettinar le bambole di tanti politicanti che nella Città Eterna vivono “di straforo”. Termine poetico che significa vivere nell’ombra o di nascosto cui la malignità popolare ha aggiunto: a spese altrui. Del resto il popolo non solo è maligno, ma è sovrano pur non contando assolutamente nulla e nel suo nome si fanno perfino leggi che a ben vedere gli sono nemiche. Sicuramente sarete a conoscenza che a Roma finanche le statue parlavano a nome e per conto del popolo che non era solo quella più conosciuta del Pasquino a sfottere il potere costituito in nome del Signore.

Noi romani abbiamo però il senso dell’ironia e, perfino quello dell’auto ironia, per questa ragione al popolo abbiamo pensato di dedicare una piazza con basilica annessa che dai noi le chiese sorgono finanche come spartitraffico per un innato senso di grandezza che ci accompagna fin dal noto “ratto delle sabine”. Per chi non fosse a conoscenza dello storico evento, non avendo abbastanza donne le andammo a “rubare” ai vicini, facendo con loro “gli splendidi” quel tanto che bastava per togliere dalla loro testa il desiderio di tornare a casa.

Piazza del Popolo per anni è stata un enorme parcheggio raccontato da Ettore Scola nel suo “C’eravamo tanto amati” con gli indimenticabili Nino Manfredi e Vittorio Gassman. Ora, invece, la potete ammirare in tutta la sua gigantesca bellezza con la fontana dei Leoni e il suo svettante obelisco fatto posizionare da Sisto V e “gentilmente” ceduto da Eliopoli per decorare originariamente il Circo Massimo. Per gli amanti della Storia, trattasi del primo obelisco trafugato e portato a Roma quando era imperatore Augusto. Singolare segnalare che in origine la piazza fu pensata da Giacomo della Porta, niente popò di meno che Architetto del Popolo Romano. Inutile dire che la porta aperta nelle mura Aureliane sia ovviamente Porta del Popolo.

Se siete arrivati fin qui a leggere e vi state domandando il motivo di tutto questo “popolo” per una semplice piazza, è presto detto ed è colpa della Basilica che sorge addossata alle mura, Santa Maria del Popolo, eretta nel 1099 da Papa Pasquale II. Ora abbiamo già detto dell’ironia romana, la quale però non solo è propria del popolo romano ma anche di quel potere che ha dominato a lungo la città. La basilica venne costruita grazie a una sottoscrizione “volontariamente” obbligatoria imposta al popolo romano da sua santità che, in cambio di tanta “generosità” gliela dedicò. Il motivo della costruzione è piuttosto semplice, sorgendo questa dove era con molta probabilità la tomba di Nerone, luogo di culti satanici, sabba e quant’altro di “demoniaco” poteva inventare la Chiesa di quel tempo nel tentativo di far dimenticare le proprie origini pagane.

Inutile dire che in tutta l’area della piazza e neppure fuori della Basilica c’è nessun accenno a quanto questa cela nel suo interno che, in definitiva, è l’argomento centrale di questo mio divagare costruito apposta per farvi dimenticare il titolo originale dell’articolo. In questo bel paese siamo seduti sull’oro senza renderci minimamente conto della nostra ricchezza che non sappiamo in nessun modo sfruttare o utilizzare per il nostro PIL, al contrario di quanto fanno in Egitto con tre piramidi e una sfinge che da sole valgono il 12%.

Prima di entrare nella basilica, buttate un occhio a “Rosati” uno dei più noti e internazionalmente famosi bar della città dove, giustamente, per un caffè pagherete un piccolo capitale. Compreso nel prezzo il fatto di poter un giorno raccontare ai vostri nipoti di averlo fatto, potendo millantare di esservi seduti allo stesso tavolo che fu di Pasolini o a quello di Elsa Morante. Una volta entrati nella chiesa vi renderete conto che seduti al bar e nel suo interno vi erano molte più persone di quelle che troverete dinanzi alla Cappella Cerasi, dove sarete giunti o per caso girovagando per le sacre mura o li condotti da qualche affascinante cicerone romano che vi avrà preventivamente sedotto soprattutto se siete straniere.

Dinanzi a voi l’Assunzione della Vergine di Annibale Caracci, pittore cinquecentesco noto solo agli addetti ai lavori. Se qualcuno infilerà per voi una moneta da un euro nell’apposita cassetta si accenderà una fievole luce che se non riuscirà a illuminare a pieno l’opera che avete davanti, sarà più che sufficiente a far saltare dalle loro cornici marmoree le due opere a lato, con una potenza che vi lascerà sorpresi.09

Si tratta dei due più importanti e imponenti dipinti di Michelagiolo Merisi noto al grande pubblico come il Caravaggio: la Conversine di San Paolo e quella meraviglia di potenza espressiva che è la Crocefissione di San Pietro che pare volere uscire dalla cornice che lo contiene. Una cosa che anche nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’arte può ancora impressionarvi.

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Un caffè nello storico bar di Piazza del Popolo lo avrete pagato seduti al tavolo dieci euro, mentre se qualcuno avrà messo una moneta al posto vostro dentro la cassetta della Basilica di Santa Maria del Popolo (cosa che capita molto più spesso di quanto possiate immaginare) avrete ammirato gratis due capolavori del Caravaggio che se fossero stati al Louvre vi sarebbero costati otto euro e cinquanta centesimi e ben sedici euro fossero stati ai Musei Vaticani, tanto per citare due diversi stati esteri che fanno pagare quello che possiedono.

 

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