AMANTI IN UNA SERA DA CANI

 

Doveva essere una quindicina d’anni addietro, anno più o anno meno. Il mio concetto del tempo è piuttosto relativo, dispiegandosi più che per date, per eventi, occasioni e luoghi, troppi per essere messi in fila con un’esatta cronologia.  Tornavo dal lavoro lungo la campagnanese, di questo ne sono certo che il luogo lo ricordo ancora come foss’oggi.  E’ la campagnanese una strada che declina verso quella valle del baccano che tanto cara fu ai nostri antichi e pagani avi e di certo non per il rumore che a quei tempi vi si faceva.

Avevo il cellulare sotto controllo per motivi che non sto qui a raccontare e sulla mia linea avvenivano spesso cose strane.  Non ricordo a chi dovevo chiamare  in quel momento, se a casa, un fornitore o l’architetto per cui lavoravo. Composi il numero sulla tastiera che ancora non sapevo utilizzare la rubrica e i numeri li ricordavo a memoria, aspettando i soliti scatti della centrale di ascolto. Sicuramente sorrisi, pensando a Serpico, il maresciallo ch’avrebbe ascoltato quella mia telefonata.  Si era meritato quel nomignolo a causa del suo atteggiamento da poliziotto americano del tutto fuori luogo in un paese di provincia, dove praticamente non accadeva mai nulla. A volte, quando mi indispettivo, per non riuscire a prendere la linea gridavo nel telefono: “A Serpico me fai telefonà!” e ridevo immaginando la sua faccia. Credo che deve avermi odiato per tutto il periodo che durarono le intercettazioni.  Quella sera, chiunque stessi chiamando, non mi rispose affatto. Accadde proprio su una delle curve, quella più ampia dove sulla mia destra si apriva tutto il paesaggio di quella sera, triste, cupo e plumbeo.  Le nuvole grigie tutte sullo sfondo e gonfie d’acqua e il cielo, il cielo che pareva non sapere se mettersi a piangere anche lui oppure lasciar perdere facendo volgere la giornata al tramonto cosi com’era. Una giornata ch’era stata senza lode e senz’infamia. Una giornata inutile come spesso lo sono quelle autunnali, che io delle stagioni di mezzo non ho mai pienamente compreso il senso.

Credo che fu un’interferenza su quella che era la mia linea e le loro voci erano chiare e nitide proprio come mi stessero parlando davanti. Un lui stava lasciando lei, e lei singhiozzava ripetendo “non è possibile, non è possibile”, incredula e disperata come se fosse venuta a conoscenza della cosa nello stesso momento in cui anche io ne venivo messo al corrente in quel singolare modo.  Non poteva credere quella donna che lui la stesse veramente lasciando, usando uno dei sistemi più vigliacchi che la tecnologia del momento poteva offrire. Lo so, avrei dovuto riattaccare che la loro telefonata non poteva in alcun modo riguardarmi. Ma non lo feci.  Ero anche io incredulo che ci si potesse lasciare in quel modo, con una semplice telefonata e mi domandavo che razza d’uomo fosse quello che lo stava facendo.

“Vediamoci, parliamone” era l’ovvia quanto ingenua richiesta di quella donna a cui volente o meno stavano andando le mie simpatie di estraneo ascoltatore.  Ovviamente, come potete immaginare, ho tentato più volte di intromettermi tra i due nel tentativo di dissuadere quell’uomo da un atteggiamento che intimamente mi ripugnava ma se io udivo perfino i loro respiri, loro non potevano sentire la mia voce ed andavano avanti ignari del fatto che io mi stessi impicciando dei loro affari privati.  Ricordo chiaramente l’infinita tristezza che mi pervase avvolgendomi con una soffocante sensazione d’impotenza.

Il caso aveva aperto quella finestra sul mondo di quei due amanti che per motivi a me ignoti si stavano lasciando e dopo qualche curva il caso tornò a riprendersi quanto aveva incautamente dato.  Ero triste, veramente triste come fosse accaduto a me, ma stranamente non lo ero per quella donna ma per quell’uomo che ai miei occhi, o meglio, al mio udito, aveva perso se stesso, la sua dignità, il suo onore.   Ricordo che fermai la macchina perché sentivo uno strano dolore alla bocca dello stomaco. L’accostai al ciglio della strada e rimasi ad osservare il tramonto fin quando il dolore non passò e iniziò a venire giù quella pioggerellina leggera, sciocca ed inutile, quella che dispiace tanto a chi è costretto a guidare.

Non ho mai saputo logicamente chi fossero i due o come fosse andata a finire quella telefonata a me rimanendo soltanto il ricordo così come l’ho raccontata.  Oggi , probabilmente, non serve più nemmeno una telefonata, ci si lascia con un SMS o con un messaggio su Facebook dove, volendo, non c’è nemmeno il diritto di replica. Rimane la sostanza di quanto nella vita, a prescindere dalla tecnologia, si possa essere tremendamente codardi e vili e perfino di se stessi, non avere il benché minimo rispetto.

4 thoughts on “AMANTI IN UNA SERA DA CANI

  1. Vorrei lasciare un commento,ma al fatto narrato non ho nulla da commentare, commento però, giusto per dare testimonianza della mia presenza,dell’avere letto, condiviso e apprezzato il post.
    Un saluto

  2. obviously like your web site however you need to check the spelling on several of your posts. Many of them are rife with spelling issues and I in finding it very troublesome to tell the truth on the other hand I will certainly come back again.

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