Che tutto cambi perché nulla cambi

 

Ciclicamente in questo nostro paese, come se certe idee fossero legate ad una sorta di menorrea del pensiero, sentiamo il politico di turno evocare l’imminente possibilità di apocalittiche rivolte e incontenibili disordini da anno mille. Catastrofi delle quali, ovviamente, è baluardo proprio chi le evoca, in una sorta d’improbabile circolo vizioso.

 

Viene da se che nessuno di tali soggetti ha la benché minima memoria storica di cosa sia questo che, a torto o a ragione, qualcuno definì come essere il Bel Paese forse a causa del noto e, tutto sommato gustoso, formaggio. Dalla caduta dell’Impero Romano siamo  stati invasi da barbari, vichinghi, saraceni, francesi, spagnoli e austriaci. Neppure una volta ci siamo ribellati o combattuto l’invasore, abbiamo sempre trovato un compromesso e, in qualche modo ci siamo messi d’accordo. Con i tedeschi ci siamo superati, prima ci siamo alleati poi sono dovuti venire gli americani a “salvarci” da noi stessi. Al dittatore oltretutto avevamo anche risparmiato di prendere il potere con una rivoluzione, lo avevamo direttamente eletto nel ’24.

 

Se altri paesi europei vantano solide monarchie costituzionali, noi possiamo vantare un Re che davanti al nemico è stato il primo a scappare. Se la Francia ha fatto la rivoluzione che è passata alla Storia, noi sul piatto mettiamo le cinque giornate di Milano. Non abbiamo resistito nemmeno una settimana.

 

Noi siamo la nostra Storia e non possiamo farci nulla. Una storia di accordi alla luce del sole o sottobanco, giustificazioni e opportunismi come quando scendemmo in guerra nel 15-18, che la guerra in realtà era cominciata nel ’14.  Secondo i cervelloni del tempo stava per finire e avremmo solo dovuto spartire il bottino. Non ne azzecchiamo una, durò altri tre anni e ci costò milioni di morti.

 

Cos’ è molto più probabile che il populista di turno che grida, sbraita e si propone come sempre da Salvatore della Patria, riesca a piazzare i suoi figli e i suoi parenti in qualche posto pubblico, che il massimo della presa in giro è che siamo noi a pagare. Allo stesso modo non mi sembra sia credibile che chi lo appoggia imbracci il fucile e si ribelli (ricordate quante volte lo disse Bossi?) per sparare a quelle stesse chiappe che fino ad un attimo prima ha ben lisciato di lingua. Come se l’olgettina smettesse di darla per denaro e iniziasse ad offrirla gratis, così, solo per passione.C’è di che svegliarsi nel pieno della notte tutti sudati per l’emozione.

 

 

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” fa dire Giuseppe Tommasi di Lampedusa al suo personaggio, il Principe di Salina che osserva con distacco la decadenza della sua generazione. In quel romanzo che è stato un successo internazionale, tutta la nostra italianità, che ci piaccia o meno. Pessimismo, direte voi, come se la realtà delle cose possa essere a seconda dei punti di vista pessimista  oppure ottimista piuttosto che solo la realtà. Per noi italiani non ci interessa un granché se la bottiglia è mezza vuota o mezza piena ma chi si è bevuto la parte che manca e state pur sicuri che se a berla, siete stati voi, tutto il resto non ha nessuna importanza.

 

 

 

 

 

2 thoughts on “Che tutto cambi perché nulla cambi

  1. I do like the way you have presented this concern and it does indeed offer me personally a lot of fodder for thought. On the other hand, coming from everything that I have personally seen, I just simply trust when the actual feed-back pack on that people stay on point and don’t get started upon a tirade involving some other news of the day. Yet, thank you for this fantastic point and although I can not go along with this in totality, I respect the point of view.

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