città vecchia

dSuperba, gli stretti vicoli dall’arcano fascino antico che, inevitabilmente, declinano a mare. Un’ammucchiata città stretta, di nascosti fasti, che, le sue migliori gioie, s’ammirano camminando con il naso all’insù. La curiosità bambina che si fa stupore.

Sono gli odori quelli che più sorprendono. La cannella e lo zenzero di speziali che paiono appena usciti da un colorito romanzo d’avventure esotiche. La zuppa che da qualche parte cuoce oltre le finestre chiuse. L’odore di pane appena sfornato che qui si chiama focaccia ed ha un altro sapore.

Qui giri l’angolo, stretto che appena sembra passarci una persona ed ecco che quasi vai a sbattere contro un’antica chiesa incastonata tra i palazzi che, le piazze, sono poco più ampie di cortili. Eppure, eppure in ogni dove trasuda il dovizioso fasto d’una ricchezza accumulata. Le affrescate mura e gli intagliati marmi, pur sapendo che lo sguardo non potrà mai coglierli in tutto il loro splendore.

Ecco, ancora una volta sono i dettagli, i dettagli che stanno li a significare il tutto, anche in quei viaggi fatti per caso, sempre che ci crediate al caso con il suo ambiguo carico di gioie e dolori. Odori. Odori e diverse voci in quei vicoli. Straniere parlate che tra loro si mescolano e si confondono in un unico ed incomprensibile suono. Alzi gli occhi dove il cielo è appena un esiguo ritaglio e tutto ti sembra ancora più stretto.d Le aperte palpebre delle finestre che paiono guardati. Ancora ti giri verso l’alto e, quello che vedi, sembra un quadro. Altrove di marmo un leone sorveglia una finestra e l’antica storia si confonde.

E’ un diverso paesaggio, al quale non sono abituato, esiguo e stretto che a tratti spunta come bagliore. Ha un fascino misterioso ed arcano questa città vecchia. Un fascino fatto di macchie sparse qua e là che si fissano a tratti nella memoria come fossero antiche fotografie. Sono ampi, rettangolari e comodi i “sanpietrini” che non troncano via di netto il tacco alle sgambettanti signore come quelli della mia città. Città di papi e imperatori che vuole le donne scalze e sottomesse, il capo velato.

E’ una città di mare questa dove, il mare non si percepisce, come tagliato via di netto come se di “lui” dovesse restare solo il ricordo. Quel mare amniotico e ventrale, entrato e uscito dalla mia esistenza con la costanza d’un’eterna e sballotante risacca. Eppure,eppure c’è il mare anche se, non lo ricorderete affatto che già dei vicoli sentirete la nostalgia. Quei vicoli che sembrano voler narrarvi storie di nobildonne, sante e streghe,quei vicoli odorosi, stretti e vivi.3338188-045-kxvE-U43120772729331BOE-1224x916@Corriere-Web-Sezioni-593x443

Non me lo aspettavo e forse, forse anche in questo il mio infantile e sorpreso stupore. Sensazioni, emozioni lungo il selciato di una città sconosciuta che lentamente sotto il mio sguardo si mostra e appare senza falsi pudori.

Tra socchiuse porte ammiccanti e prone, li dove i raggi del sole sono ancora trattenuti dalle strette mura, bivaccano le antiche dai barocchi piaceri decadenti, custodi di un tempo andato. Accarezza il suo passato questa città vecchia che, volgendo all’indietro lo sguardo, l’allungata mano ancora riesce a sfiorare quanto altrove è dimenticato. Figlio di un tempo antico, mi sento a casa mia. Passeggio tra questi vicoli, la pietra, il marmo e la nera ardesia e non capisco se sono io a possedere lei o lei a possedere me…ma che importanza può avere. Domani, se verrà, sarà un altro giorno da vivere, sempre, come fosse l’ultimo respiro del mio tempo.

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