IL MITREO DI SUTRI -tra sogno e realtà-

1-IMG_0688-001A pochi chilometri da Roma, attraverso quello che un tempo è stato il Bosco Sacro degli etruschi, rigoglioso di secolari lecci e sotterranei miti arcaici, è collocato uno dei gioielli più misteriosi e affascinanti di quell’antichità che tutto il mondo ci invidia. Un patrimonio che nemmeno i cinesi, per quanto possano impegnarsi, sono in grado di ricopiarci.

Lungo la strada forse voluta dal Console romano Cassio il Censore, ch’a tratti ancora emerge orgogliosa dal moderno asfalto, è il Mitreo di Sutri. Luogo di antichi quanto oscuri e barbarici “culti misterici” che proliferarono nell’antica Roma a partire dal I secolo a.C. ma che, a detta di alcuni, si perdono nella notte dei tempi. Forse, dicevamo a proposito della strada, perché in tutta questa storia le certezze sono poche e frammentarie come si conviene a uno scrigno nascosto che custodisce da secoli segreti e misteri che nessuno ha mai tradito.

Siamo alle pendici del colle Savorelli, a  poca distanza  da un anfiteatro interamente scavato nel tufo, con una capienza tra i settemila e i novemila spettatori. 1Entreremo in punta dei piedi in un antro buio e splendidamente conservato, dove i nostri antenati erano soliti adorare il dio Mitra, ancora prima del Cristo e celebravano il sacrificio del toro. Ci perderemo, fantasticando su incredibili e alquanto sorprendenti parallelismi con il primo cristianesimo di cui vedremo i posteriori affreschi appena restaurati. Affreschi, la cui storia non mancherà di rapirvi, emergendo vivida e brillante dall’opalina memoria del tempo come si trattasse soltanto di ieri.

Siamo all’incirca nel 75 a.C. sulle aspre colline nei pressi di Coracesium in Cilicia, lungo la costa sud occidentale dell’Asia Minore. Abbastanza lontani in vero dai luoghi che stiamo per visitare ma è proprio qui che inizia sorprendentemente la nostra storia, con un salto all’indietro di duemila anni assolutamente necessario per comprendere quanto andremo a vedere.

E’ proprio in Cilicia infatti che l’orgoglioso generale Gneo Pompeo, 2beniamino incontrastato delle masse romane (ancora non era il ben più noto Pompeo Magno all’epoca dei fatti), sta per ricevere personalmente la resa dei famigerati pirati cilici, forse i più feroci briganti che il mondo antico abbia mai conosciuto.

Pompeo, con una geniale intuizione, ammise nell’Impero i temuti pirati che, con la resa incondizionata, come ci narra Plutarco, biografo, scrittore e filosofo, si guadagnarono la possibilità di vivere una vita rispettabile perché

“per natura l’uomo non è e non diventa un selvaggio o una creatura asociale, ma viene trasformato dalla pratica innaturale del vizio; laddove può essere ammorbidito da nuovi costumi grazie al cambiamento di luogo e di vita, allora, se perfino le bestie feroci possono spegnere il loro modo di essere feroce e selvaggio quando queste vivono in modo più dolce la vita”.

Tradotto in parole più semplici, Pompeo faceva provare ai barbari pirati la comoda vita dei romani di modo che, invece di serbare rancore e odio per la sconfitta,  potessero invece avere timore di perdere i privilegi che venivano loro concessi. Una concezione politica d’una incredibile modernità. Qualora ve lo foste dimenticati, siamo solo nel 75 a. C. e buona parte della storia che avete studiato a scuola, deve ancora avvenire.

Continua ancora Plutarco4 nella narrazione: “ [Pompeo] decise di trasferire gli uomini dal mare alla terra, permettendo agli stessi di vivere in modo più dolce la vita, in città e coltivando la terra. Alcuni di loro, quindi, furono accolti ed integrati nelle piccole città semi-deserte della Cilicia, (…) Per la maggior parte di loro, tuttavia, diede come residenza la città di Dyme in Acaia, che allora era priva di uomini e aveva molta terra buona. »

E’ cosi che i pirati cilici si insediarono nei domini romani portando con se le loro famiglie, i loro beni, le loro tradizioni e, cosa ben più importante per la nostra storia, le loro credenze religiose tra le quali i“culti misterici”, tra cui, ovviamente, quello di Mitra, divinità che è all’origine di questo nostro insolito e avventuroso viaggio aventi e indietro nel tempo, in un passato nobile e glorioso che troppo spesso dimentichiamo di aver avuto.

Per quanto possa apparire paradossale, il culto di Mitra può a tutti gli effetti, essere considerato un mirabile esempio di quel multiculturalismo mediterraneo di cui i romani furono fautori  e unici abili artefici nell’intera storia dell’umanità. Un simile atteggiamento culturale nei confronti dei popoli conquistati non lo troverete mai più, ne nella storia antica e tantomeno in quella moderna. I romani conquistarono tutto il mondo conosciuto allora, sottomettendolo a quella legge che ancora oggi si studia nei nostri atenei ma non portarono mai la distruzione delle diverse culture, delle diverse religioni o dei diversi costumi dei popoli conquistati, semmai li assorbirono.

I nostri antenati erano consapevoli delle loro origini di umili pastori illetterati. Privi perfino di divinità da adorare tanto che dovettero importarle dai vicini greci che invece ne avevano in abbondanza. Gli cambiarono soltanto il nome e le adattarono ai loro bisogni. Se ben ricordate, furono scarsi perfino di donne dovendole andare a rapire nella Sabina. Primitivi architetti, limitavano le proprie conoscenze  all’architrave, ergendo colonne su cui poggiavano per l’appunto un bel trave. Arrivarono gli etruschi (due dei sette Re di cui non si ricordano mai i nomi lo furono) e guardarono con la dovuta ammirazione  quel capolavoro dell’architettura che è l’arco.3

Gli etruschi, all’epoca molto più raffinati dei romani usavano l’arco solo e soltanto per la porta di ingresso delle loro città fortificate. Era un rito “costruttivo” carico di magia, intrinseca religiosità e altamente simbolico. Tanto per divagare sull’argomento, il sacerdote più importante tra i romani era il Pontefice Massimo ed era colui che sovraintendeva alla costruzione dei ponti. Architettura e religione, una antica simbiosi densa di simbologie, qualora vi sia sfuggito che il termine di Pontefice sarà in seguito utilizzato anche dalla religione cristiana.

In effetti, ancora oggi ci appare inconcepibile per le conoscenze di quel tempo, la sorprendente scoperta della “chiave di volta”. Quella pietra al culmine dell’arco, sagomata in un particolare modo da consentire a tutta la struttura di essere portante senza alcun altro sostegno.

I romani, dicevo, videro l’arco e invece di distruggerlo come dopo di loro faranno tutti i popoli conquistatori,  lo portarono a Roma costruendo con quella tecnica una delle meraviglie dell’antichità che ancora oggi toglie il fiato al visitatore: il Colosseo. Insomma i nostri avi furono i soli a comprendere le potenzialità infinite di crescita di una cultura multietnica che poi, in definitiva, è il segreto alla base della costruzione e del mantenimento nei secoli di uno dei più vasti imperi che la storia ricordi.

Torniamo però ai nostri pirati cilici dopo questa breve divagazione e alla loro religione il mitraismo. Ora come è accaduto con tutti i culti che i romani hanno introdotto nella loro città, anche questo  culto subì nel tempo dei mutamenti rispetto alle sue origini orientali e persiane, evolvendosi in un forma che potremmo osare definire  tipicamente mediterranea.

Ora, trattandosi di riti iniziatici avvolti nel segreto e nel mistero, non abbiamo molti testi a cui fare riferimento. La riservatezza di questa religione non è mai stata tradita da alcuno dei suoi adepti e tutto quello che sappiamo lo dobbiamo ad altri. Il solito Plutarco ci dice soltanto a proposito dei nostri pirati cilici “che offrivano strani sacrifici sul monte Olimpo e compivano riti segreti o misteri religiosi, tra i quali quelli di Mitra che si sono tramandati fino ai nostri tempi”. Viene da se che “i nostri tempi” di Plutarco fossero il primo secolo d.C.. Ci aiuta in questo senso l’archeologia, infatti in una grotta mitraica in quella che oggi è la moderna Capua, possiamo apprendere che gli iniziati erano bendati e sottoposti a varie prove da un severo Mystagogus in tunica rigorosamente bianca. Il resto lo andremo a cogliere qua e là, frammentato e spezzettato in decine di rivoli.

In verità sappiamo che questo culto ebbe un notevole successo tra i legionari, i commercianti e i funzionari del governo. L’archeologia poi  ci conferma che a metà del secondo secolo, il culto di Mitra era diffuso in tutto il territorio romano dal medio Oriente fino alle isole britanniche, mostrando una vitalità che solo il giovane culto cristiano poteva egualiare.

Nel mito persiano, che come abbiamo già accennato si differenzia da quello “mediterraneo”, Mitra sarebbe nato il giorno del solstizio invernale, che, nemmeno a farlo apposta è il 25 dicembre, la stessa data che fu scelta arbitrariamente dalla  Chiesa Cattolica Romana, ma solo  attorno a IV secolo, per la nascita di Cristo.

Di sicuro sappiamo che non correva buon sangue tra i due culti, quello mitraico e quello cristiano. La storia ci racconta un prima vittoria dei cristiani con il famoso editto di Costantino del 313 d.C., seguita dalla battuta d’arresto di Claudio Flaviio Giuliano (361-363), l’ultimo degli Imperatori pagani di Roma che tentò di contrastare senza riuscirci l’avanzata del cristianesimo e Giuliano, questo almeno è certo, era stato iniziato ai misteri di Mitra ancora adolescente da Massimo di Efeso. Dobbiamo considerare però che il cristianesimo però aveva dalla sua parte anche la presenza delle donne, invece completamente escluse dai riti mitraici riservati esclusivamente agli uomini e le matrone romane non erano proprio le ultime ruote del carro. Non lo sappiamo con certezza ma sicuramente fecero la differenza, o, almeno ci piace pensarlo. Dobbiamo però aspettare Teodosio  per vedere prevalere definitivamente la religione cristiana. Il suo decreto che porta la data del 391 vietava qualsiasi culto che non fosse quello cristiano.

Ora avete un quadro quasi completo del contorno storico che ruota attorno al culto di Mitra e dei suoi luoghi di culto. Abbiamo volutamente lasciato per ultimo il discorso della tauroctonia, ovvero il sacrificio rituale del toro, il motivo centrale del mitraismo. In ogni tempio romano, Mitra viene infatti rappresentato nell’atto di sgozzare il toro. Un serpente e un cane sembrano bere dalla ferita mentre uno scorpione si aggrappa ai testicoli del toro.

Questa raffigurazione doveva però, per forza di cose essere soltanto una rappresentazione simbolica impossibile da eseguire realmente a causa delle piccole dimensioni dei mitrei. Ve ne renderete conto voi stessi entrando in quello di Sutri. Secondo alcuni storici il sacrificio potrebbe simboleggiare la forza del Sole all’uscita proprio della costellazione del Toro verso la costellazione dell’Ariete, avvenuta attorno al XIX secolo a.C..

La morte del toro genera la vita e feconda l’universo che, essendo segno di Venere a sua volta rigenera la natura. Anche se risulta piuttosto arduo comprendere come un mito solare possa essere diventato oggetto di culto in luoghi bui e cavernosi come sono i mitrei.

La Storia però non ci aiuta in questo senso e quindi lasciamo che la vostra fantasia galoppi come più vi aggrada anche perché in assenza di documenti non possiamo far altro. Tutto sommato, è anche il fascino di questi luoghi dove tutto potrebbe essere possibile, perfino delle pindariche illazioni. Non perdiamo di vista il toro però che entrerà ed uscirà costantemente dalla nostra storia, ricollegando fatti e personaggi distanti tra loro. Non so se voi credete al caso ma anche i nostri famosi pirati nella loro ultima battaglia prima di arrendersi a Pompeo si arroccarono non in un luogo qualsiasi, ma nei pressi del monte Toros Dağları. La montagna del Toro, nemmeno a farlo a posta.

I mitrei, e quello di Sutri in particolare, sono estremamente diversi dai grandi edifici templari che siamo abituati a visitare. Sono tutti di piccole dimensioni, inadeguati a contenere un vasto numero di fedeli come in seguito accadrà per le basiliche cristiane. Già da questo si può comprendere come siano rivolti ad un’elité, una ristretta cerchia di sacerdoti o di adepti. Alla meditazione trascendente o a riti di iniziazione piuttosto che alla preghiera comunitaria di una vasta platea di fedeli. Del resto se non fosse stato così i loro riti, considerata l’ampia diffusione della religione, sarebbero stati sicuramente più conosciuti e documentati.

In un mitreo si entra e si esce dalla stessa ristretta apertura, dalla quale non sarebbe mai potuto passare un toro, motivo per il quale ormai è pratica unanime degli studiosi escludere che vi possano mai essere stati sacrificati animali di tali dimensioni. All’interno non vi sono finestre ma solo dei fori che  essendo luogo di culto sotterraneo, segreto  e primordiale dal di fuori non deve trasparire nulla che possa indicare la sua vera natura.  Una caratteristica comune a tutti i mitrei conosciuti.

5L’ingresso del Mitreo di Sutri, oggi protetto da un portone, si apre alla base della rupe di tufo del colle Savorelli. Inutile dire che il luogo che è si appena dischiuso alla grana del vostro sguardo è a tutti gli effetti fin dal vestibolo, l’antro con tutto il suo atavico retaggio di inconsce paure e, con le paure, il naturale e umano fascino per l’ignoto e i suoi segreti. Quello stesso fascino che ha condotto Colombo su tre piccole caravelle ad attraversare l’Oceano o quello che ha condotto per la prima volta l’uomo su una navicella spaziale.

Avrete modo di sentire  tutta la potenza spirituale di questo luogo che ha ospitato nel tempo sia la religiosità mitraica che quella dei primi cristiani, fino a giungere quasi inalterato fino ai giorni nostri.  Di questi luoghi sparsi in lungo e in largo del nostro bel paese, non sappiamo molto e,6 lasciatemelo dire, è anche è anche il potere seducente di questi siti che, altrimenti, sarebbero quasi banali.  La cristianizzazione del mitreo è del IV secolo e prima ancora probabilmente si trattava di una tomba etrusca come le tante che avrete osservato provenendo dalla necropoli.

E’ interamente scavato nell’interno del blocco tufaceo su cui sorge il colle e, appena entrati, cominciano le sorprese. Se avete subito l’incanto del Codice da Vinci con le sue supposizioni fantasiose o meno che siano, il Mitreo di Sutri non sarà da meno, che nel tempo qualcuno ha voluto lasciare tracce affinché un attento visitatore potesse viaggiare avanti e indietro nel tempo senza che nulla venisse perduto. Ma andiamo con ordine senza farci prendere troppo la mano, cercando di sfogliare questo scrigno di segreti e fascinosi misteri che senza ombra di dubbi rapiranno la vostra mente.7

La parete dell’ingresso è decorata da affreschi che sono stati datati tra il XIII e il XV secolo. Una datazione che si rivelerà importante al fine del nostro viaggio. A sinistra una Madonna con bambino posta tra Santa Dolcissima e San Liberato che sono i patroni di Sutri.8 A destra invece San Cristoforo protettore dei viandanti e dei pellegrini e fin qui, tutto sembrerebbe abbastanza normale e, tutto sommato nel giusto luogo. Siamo a Sutri e questa era posta lungo la via Francigena che dalla Francia portava i pellegrini alla Basilica di San Pietro. E’ l’affresco centrale quello che invece deve attirare la vostra attenzione e l’allegoria che vi è rappresentata.9Allegoria che sarebbe assolutamente fuori luogo in definitiva se non si trattasse per l’appunto di un mitreo con il suo retaggio per cosi dire, pagano. L’affresco ha a che vedere con il culto di San Michele Arcangelo che ebbe origine nella nostra penisola sul Monte Gargano in Puglia, abbastanza distante da dove ci troviamo noi in questo momento ma estremamente interessante dal punto di vista squisitamente mitraico.

Ora si da il caso, sempre che di un caso si tratti, che la venerazione  dell’arcangelo Michele venga da lontano e sia di “importazione”. Per la precisione non viene da un luogo qualsiasi ma proprio dall’oriente dove era  venerato come “archistratega”. Quello stesso oriente da dove proveniva a sua volta il culto mitralico. Spero che non abbiate dimenticato i pirati cilici.

Quella dell’arcangelo Michele è una figura estremamente interessante essendo una sorta di anello di congiunzione tra periodi e religioni diverse. E’ il protettore del Popolo di Israele. Fu ispiratore di Giovanna d’Arco come lei stessa ammise durante il processo che la portò al rogo ed ebbe un ruolo di primo piano nelle apparizioni della Madonna di Fatima.

Le cronache  ci riferiscono che l’Imperatore Costantino, già dal 313  dedicò una particolare devozione a quest’arcangelo fino ad edificare proprio a Costantinopoli il Michaelion, famoso in tutto il mondo allora conosciuto. Sappiamo inoltre che  alla fine del V secolo il suo culto  si diffuse anche in Europa grazie ad una sua miracolosa e tempestiva apparizione in Puglia. L’origine del culto cristiano di Michele và però ricercato in Frigia, l’odierna Turchia nella città di Chonae, l’antica Colossi. La stessa Turchia dove è la catena montuosa del Tauro dove si erano arroccati i pirati cilici prima di arrendersi a Pompeo.

Se può servire ad attirare ulteriormente la vostra attenzione, molte delle funzioni equinoziali di Mitra vennero ereditate in occidente proprio dalla figura di San Michele Arcangelo a cui fu inizialmente dedicato il Mitreo di Sutri. E’ solo successivamente e attorno al VII secolo,che  la chiesa verrà associata alla Madonna con bambino diventando quella che è ancora oggi , la chiesa di Santa Maria del Parto, quando ormai del mitraismo non doveva esserci  più traccia.  In pratica in San Michele Arcangelo viene individuato il vettore ideale per traslare i luoghi di culto di Mitra verso il cristianesimo, ma probabilmente, sebbene non abbiamo prove documentali, il mitraismo potrebbe essere sopravvissuto considerata la sua propensione alla segretezza.

Non so se ve ne siete resi conto, io dal canto mio spero ardentemente di no, ma ancora non siamo entrati dentro il Mitreo vero e proprio. Siamo rimasti nel suo vestibolo ammirando e discorrendo degli affreschi che ci riportano indietro nel tempo, ma tenetevi forte perché, a voi piacendo, le sorprese che questo luogo ha custodito per noi attraverso i secoli,  non sono ancora finite.

Di san Michele Arcangelo sono note almeno sei apparizioni, le prime tre alla fine del V secolo quando apparve sul Gargano e più precisamente sul monte Drion tra il 490 e il 493. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non il fatto in se della sua apparizione ma si da il caso, ancora una volta che San Michele  Arcangelo abbia a che vedere con il toro, fulcro centrale, semmai ve lo foste dimenticati, dei culti mitralici attorno ai quali ruota il nostro viaggio.

Nel frattempo, minuto più minuto meno, sono passati più di 500 anni da quando abbiamo lasciato i nostri pirati cilici senza i quali il Mitreo di Sutri non sarebbe mai esistito.

Ma andiamo avanti senza ulteriori indugi. Vuole la leggenda di questa prima apparizione che tale Elvio Manuele smarrisca il miglior toro della sua mandria. Una distrazione che pur avendo una precisa finalità per quanto riguarda il mitraismo e la sua contiguità con il cristianesimo, gli costerà cara. Dopo averlo a lungo cercato e per farla breve, lo ritrova dentro una grotta (e come potrebbe essere altrimenti) ma Elvio non riesce ad entrarvi.

Qualcosa di innaturale glielo impedisce. Infuriato decide di uccidere il toro e preso l’arco gli scocca contro una freccia ma, miracolosamente, la freccia invece di colpire il toro, torna invece indietro colpendo Elvio a una gamba. Di uccidere il toro in questo caso proprio non se ne parla.11a

Terrorizzato dall’evento Elvio si rivolge al suo Vescovo il quale dopo averlo ascoltato gli ordinò tre giorni di preghiera, prassi molto comune a quei tempi. Non sappiamo per quale arcano motivo, ma al terzo giorno ed era per l’esattezza delle cronache l’8 maggio del 490, san Michele Arcangelo appare in sogno, invece che al povero Elvio, protagonista della vicenda, al suo Vescovo, chiedendogli di consacrare la grotta del toro al culto cristiano.

Se fossimo maliziosi potremmo presupporre che la grotta del Gargano dove fu ritrovato il toro fosse anch’essa un antico mitreo e che l’apparizione di san Michele Arcangelo servisse a sancire definitivamente il passaggio dal culto mitralico a quello cristiano, ma noi non solo non siamo maliziosi, ma non abbiamo nemmeno alcuna testimonianza che ci possa confortare in questa azzardata ipotesi. D’altronde anche la fine del mitraismo, come ogni cosa che lo riguarda, è legata al mistero. Perfino l’editto di Costantino che decreta la fine del paganesimo a Roma è sconcertante. Un senato composto in maggioranza da “pagani” lo approva praticamente all’unanimità. Ma andiamo oltre.

Nell’affresco in questione, oltre a San Michele Arcangelo10 in alto a sinistra, potete vedere nella parte inferiore una lunga processione di pellegrini con il cappello a falde, la bisaccia e il caratteristico “bordone”, il bastone del cammino. In basso a sinistra è invece una coppia di sposi che sta pagando un pellegrino appena tornato dal santuario, il quale, a sua volta, consegna ai coniugi una piuma a testimonianza dell’atto compiuto.11

Si tratta di una consuetudine dell’epoca, una sorta di pellegrinaggio per procura. Si pagava una persona che al suo ritorno portava indietro una piuma a dimostrazione che il compito era stato svolto. Dobbiamo tenere presente  che erano tempi in cui era  non semplice come oggi spostarsi da un punto a l’altro della penisola. E’ molto probabile inoltre che la coppia raffigurata sia anche stata il committente dell’affresco. Se guardate bene, vi è rappresentato anche il “povero Elvio”, l’arciere del Gargano, nell’atto di scagliare la freccia che gli si ritorcerà contro. L’allegoria è così completa.

Dal lontano oriente sono quindi arrivati sia il culto di Mitra che quello dell’Arcangelo Michele che a quanto pare, lo sostituisce e ambedue hanno a che vedere, sia pure in modi diversi, con un toro. Potrebbe essere solo un caso sebbene Hercules Poirot a questo proposito avrebbe detto che un indizio è solo un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi diventano una prova. Agatha Cristie però scriveva gialli e non era una storica e a noi manca ancora il terzo indizio. A questo punto  non ci resta che entrare nel Mitreo vero e proprio, ne rimarrete affascinati, cosi come lo siamo stati noi la prima volta che lo abbiamo visitato e le altre ancora.

Senza altro indugio varchiamo la soglia di questo mondo antico, umido, amniotico e oscuro come l’ancestrale ricordo inconscio di quando eravamo ancora nel ventre materno.12 Nel vuoto degli archi quadri dei suoi colonnati vi parrà di udire tra sussurrati bisbigli il sommesso eco dei suoi misteri. Antiche figurazioni arcane, misteriose e barbare rivivranno di fronte al vostro sguardo stupito. Un brivido vi coglierà come un improvviso freddo, una sorta d’empatia che trasuda da quel tufo si impossesserà di voi e ne subirete l’indomito fascino. Il monolitico altare sullo sfondo è postumo ma si integra perfettamente con l’ambiente circostante come fosse sempre stato in quel luogo.14

Se Napoleone ebbe a dire alle sue truppe prima della battaglia: “soldati, dall’alto di queste piramidi quaranta secoli vi guardano”, varcando la soglia del Mitreo di Sutri, secoli di ininterrotto sentimento religioso scorreranno tra le due fila di colonne quadre che sorreggono la volta a botte della navata centrale, apparendovi questa assai più vasta di quanto in realtà non sia.13

Poggiano i pilastri corrosi dal tempo su due lunghi podi e, nei corridoi  sono i banconi dove sedevano gli adepti e, probabilmente consumavano l’agape, un pasto rituale a base di pane, acqua e vino. Se in questo vi sembrerà di trovare  delle analogie con il sacramento della comunione con molta probabilità non avete tutti i torti. Qui è un continuo rimando di simbologie che sembrano attraversare il tempo cercando in ogni modo di comunicarci qualcosa. San Girolamo ci descrive i sette gradi dell’iniziazione mitriaca, sette come i sacramenti cristiani.

“Solo pochi anni fa, Gracco, vostro parente (il nome dice chiaramente la sua nobiltà di patrizio), mentre era a capo della prefettura urbana non ha forse demolito, spezzato e dato fuoco alla grotta di Mitra e a tutti i prestigiosi simulacri attraverso i quali gli iniziati diventavano successivamente Corvo, Occulto, Soldato, Leone, Persiano, Eliodromo e Padre?. Non si è fatto precedere da essi, come altrettanti ostaggi, per ottenere il battesimo di Cristo?” (San Girolamo epistola CVII,” ad Laetam).

Al centro della navata centrale troverete una fossa rettangolare (fate attenzione a non finirci dentro)  dove con molta probabilità venivano fatte le abluzioni purificatrici con acqua, raccontate anche da Tertulliano nella sua La Prescrizione Contro gli Eretici negli anni tra il 197 e il 206. Sembra infatti che nel mitraismo l’acqua svolga una funzione essenziale allo stesso identico modo che nel cristianesimo e che spesso nelle vicinanze dei mitrei ci fosse una fonte, naturale o artificiale. In quello di Sutri della fonte non v’è traccia ma ci sono i resti di una canalizzazione che dovevano servire a convogliare le acque piovane all’interno del luogo di culto.

“Egli pure battezza chi professa fede in lui e si dice suo seguace; e promette pure lui che le loro colpe otterranno perdono da questo lavacro. Se ancor bene mi ricordo, anche Mitra segna i suoi seguaci, e imprime loro il suggello sulla fronte, dì quella che sia la sua religione; anche l’offerta del pane è fra le cerimonie che si ricollegano a lui; ecco che nei suoi riti appare anche un’immagine della resurrezione, e ai caduti di spada offre la corona.” (Tertulliano De Praescriptione haereticorum, 40).

Tertulliano ci racconta inoltre che il neofita doveva combattere contro un uomo con la spada per conquistare la corona del terzo grado di iniziazione, quello del Miles o Soldato. Doveva poi inginocchiarsi nudo, bendato e con le mani legate. Veniva offerta la corona in punta di lancia e le corde andavano tagliate con un solo colpo della lancia e tolta la benda.

Alzando gli occhi, sulla volta vedrete ancora una volta lui, San Michele Arcangelo. L’affresco che lo raffigura con il volto addirittura in rilievo è antecedente a quelloarcangelo michele volta mitreo che avete visto nell’ingresso e dovrebbe collocarsi nello scorcio del ‘200. San Michele Arcangelo impugna il labaro, in posa rigida e frontale.Secondo altri la datazione potrebbe essere ancora più antecedente e risalire all’VIII-IX secolo.

La superficie pittorica un tempo doveva occupare l’intera superficie e probabilmente è andata a ricoprire quella della volta celeste, tipica dei mitrei. Seppure piuttosto deteriorato, qui San Michele Arcangelo indossa il “loron”, in segno di appartenenza all’esercito celeste. E’ il protettore dei cavalieri cristiani.

Sulla nicchia di fondo, dietro all’altare che come abbiamo già detto è postumo al mitreo, troverete i resti di un affresco, dove un tempo, 15era rappresentato il dio Mitra. Si tratta di una natività, ma fate attenzione, perché quello che vedete raffigurato accanto all’asinello, non è un bue, ma, ancora una volta, un toro.

Il nostro racconto potrebbe anche finire qui con la sola speranza di avervi affascinato con questo piccolo gioiello che è il Mitreo di Sutri ma vogliamo fornirvi di che sognare o, se preferite fantasticare in modo che questi luoghi possano tenervi compagnia anche dopo che li avrete lasciati e proviate l’irrefrenabile desiderio di tornare a visitarli e farli conoscere.

Sappiamo che la chiesa paleocristiana  considerava il culto di Mitra come un nemico e i suoi riti venivano descritti come derisioni della dottrina cristiana. Dopo la morte di Giuliano i misteri di Mitra furono repressi e il suo precettore, Massimo messo a morte insieme ad altri devoti. I mitrei furono distrutti oppure riconvertiti in chiese cristiane come quello di Sutri, sovrapponendo a Mitra la novella religione cristiana ormai inarrestabile. Se quello di Sutri è giunto fino a noi, devono esserci dei motivi particolari che lo hanno consentito. E’ evidente che per la stessa conformazione di “grotta” sarebbe stato piuttosto semplice murarlo, a meno che non si sia ritenuto più conveniente trasformarlo a causa di qualcosa di cui non è rimasta traccia scritta o documentata in altro modo.

Siamo nell’ambito delle supposizioni o se volete dei sogni che rendono più piacevole e talvolta perfino affascinante la realtà. Del resto cos’è un sogno se non vedere l’invisibile?

Vi sarà sicuramente sfuggito a causa delle sue dimensioni, quindi se potete rientrate nel Mitreo. Si tratta di un piccolo affresco su un pilastro vicino all’altare. E’ il Nodo di Salomone, 1-IMnodo di salomone rimpicciolitoun simbolo antichissimo di probabile origine celtica e intriso di simbologie esoteriche. Per i Cavalieri Templari simboleggiava la Croce, segno dell’alleanza sacra e indissolubile che sosteneva il crociato.

In un luogo cosi denso di misteri e segreti non potevano mancare i Cavalieri Templari a coronare il nostro viaggio. Vi avevamo appena accennato che Sutri in epoca medioevale era lungo la via Francigena e tutta la zona dell’anfiteatro e del mitreo era sotto il loro controllo. Di qui passavano i pellegrini e qui, se ricordate l’inizio di questo racconto, era anche il Bosco Sacro degli etruschi che incuteva un reverenziale timore a quel tempo in chi lo doveva attraversare.

Della presenza dei Templari non rimane molta documentazione se non negli atti del processo che decretò la loro fine. Rimane però la chiesa sconsacrata di Santa Maria del Tempio, posta poco lontano dal mitreo lungo la via Cassia e, come al solito, qualche dettaglio qua e là da mettere assieme come tessere di un mosaico che può rivelarsi estremamente interessante.18

In tutto questo tempo siamo stati a Sutri, anche se in verità l’abbiamo citata pochissimo. Il nome di questa cittadina deriva da Sutrium, ovvero Saturno e qui dobbiamo aprire purtroppo un’altra delle nostre parentesi.

Il culto dell’arcangelo Michele era molto diffuso anche in Egitto,  regione che passò rapidamente al cristianesimo e che vi citiamo in quanto all’inizio del IV secolo un tempio precedentemente dedicato a Saturno fu consacrato all’Arcangelo. Ora, nel Lazio, l’Ordine Cavalleresco dei Cavalieri Templari risulta legato essenzialmente a luoghi la cui leggendaria fondazione viene fatta risalire a Saturno. Ora, che ci crediate oppure no, per quello che ne sappiamo, il settimo grado di iniziazione del culto mitraico, è quello del Pater, legato proprio a Saturno come ci aveva raccontato San Girolamo.

Invece di dipanarsi, il mistero si infittisce. All’interno del mitreo, avete visto nella nicchia dietro all’altare, la Natività con il toro al posto del bue, databile secondo gli studiosi attorno al primo trecento. Trattandosi di un mitreo, al posto della natività era precedentemente collocato o un affresco riguardante la taroctonia di cui non rimangono tracce oppure qualcos’altro sullo stesso tema.

Ci dice a questo proposito lo studioso Simone Piazza nel suo Pittura Rupestre Medioevale:

“… recente è stato possibile dimostrare che, in un epoca che possiamo far coincidere con il primo Trecento, un rilievo raffigurante una tauromachia è stato staccato dalla parete di fondo della chiesa e sostituito da un riquadro con la Natività che ancora oggi fa bella mostra di se in prossimità dell’altare”.

Questo però significa che durante tutto il periodo Templare e nonostante il mitreo fosse stato cristianizzato fin dal IV secolo il rilevo raffigurante il dio Mitra che sacrifica il toro, rimase al suo posto. Per quanto ne sappiamo poco, i processi in Italia all’ordine cavalleresco si tennero dal settembre del 1309 al luglio del 1310 e le date coincidono abbastanza con la datazione fatta degli affreschi, in particolare quello che rappresenta la natività. Quanto basta per rendere ancora più intriganti questi luoghi. Pirati cilici, il dio Mitra, San Michele Arcangelo, Saturno e Cavalieri Templari tutti in qualche modo legati da un unico luogo, il Mitreo di Sutri.

Per quanto possa apparire sorprendente, in tutta questa assenza di documentazioni e di misteri che fanno galoppare la nostra fantasia, una cosa la sappiamo, seppure con una certa approssimazione. Sappaimo che fine ha fatto l’alto rilievo staccato dal mitreo molto probabilmente dopo la caduta in disgrazia dei Cavalieri Templari. 19Si trova a una decina di chilometri, in località La Botte presso Vetralla murato nella facciata dell’antico casolare delle Capannacce.Non si può fare a meno di andarlo a vedere. Il Mitreo di Sutri ormai appartiene all’ambito del mito e questa tauroctonia è l’ultimo tassello di questa nostra storia.

Il casale si trova all’incirca al km 62 della via Cassia dove un tempo doveva essere situata una “mansio”(una stazione di posta romana) tra Sutri e Forum Cassi, corrispondente all’insediamento abbandonato di Santa Maria in Forcassi. Non possiamo escludere che il casale con annessa chiesetta dall’altra parte della strada, potesse essere stato in origine tra le mansioni Templari. Del resto, come ebbe a scrivere Eraclito, “Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi.”20

Ed è proprio li la lastra in rilievo che rappresenta Mitra intento ad uccidere il toro, murata fortunatamente ad una altezza che la mette al riparo da eventuali vandalismi. L’opera è dedicata da un tale L. Avillius Rufinus probabilmente al  mitreo sutrino. Probabilmente, perché l’incertezza è alla base di tutti i misteri. A questo punto il nostro viaggio attraverso i secoli sarebbe finito se non fosse per un’ultima, affascinante quanto inquietante osservazione.

Nel 384 d.c. moriva a Roma Vettio Agorio Pretestato che, tra le altre cariche religiose e politiche, tutte ricordate in un ceppo, aveva quella di Pater Patrum Roma, padre tra i padri di Roma. Il settimo grado dell’iniziazione al culto di Mitra, lo ricorderete senz’altro era quello di “Pater”. Alcuni storici ritengono si trattasse dell’ultimo dei massimi sacerdoti del culto mitraico e “Pa.Pa.” è l’acronimo di Pater Patrum che spesso ricorre nelle iscrizioni relative a questa carica. Un Papa ancora prima dei papi e in effetti, a pensarci bene, i primi cristiani avevano solo dei vescovi, almeno fino a quando quello di Roma non rivendicò il primato sugli altri. Ma questa è un’altra Storia…21

 

 

 

con la collaborazione di Sandra Carena

e la consulenza della storica dell’arte Mariani Parmeggiani Serena

e dell’archeologo De Nardis Matteo

sempre su Sutri vedi anche:

http://duemmepi.altervista.org/blog/la-chiesa-di-santa-fortunata-a-sutri-una-dimenticata-fonte-miracolosa/

http://duemmepi.altervista.org/blog/la-grotta-del-paladino-orlando-a-sutri-una-leggenda-che-diventa-realta/

 

per le fonti vedi:

Pittura Rupestre Medievale di Simone Piazza

Storia dell’Antichissima Città di Sutri (1887)

Epistola CVII,2 ad Laetam di San Girolamo

Inventario della commenda di S.Maria di carbonara di Viterbo, 1449

Arch. Ordine di malta di La Valletta, Arch.355, Liber Bullarum M.M Johannis Lastich, Annorum 1441/1442 fol 240r (estratto del processo contro l’Ordine del Tempio negli Stati della Chiesa)

De Praescriptione haereticorum, 40 e De baptismo, 5 di Tertulliano

Mithra petrogenito: Origine iconografica e aspetti culturali della nascita dalla Pietra di Ilaria Neri

I misteri del Sole. Il culto di Mithra nell’Italia antica di Stefano Arcella

Sutri – Relazione della visita del 20 marzo 2010 guidata dalla Prof. Maria Brugnoli con la collaborazione dell’ing. Claudio Lanzi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

One thought on “IL MITREO DI SUTRI -tra sogno e realtà-

  1. An interesting discussion is worth comment. I feel that you must write extra on this subject, it may not be a taboo topic but typically individuals are not enough to speak on such topics. To the next. Cheers

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