IN MORTE DI DARIO CHE FU GRANDE

 

IN MORTE DI DARIO CHE FU GRANDE

E cosi anche Fo se n’è andato anche se in realtà se n’era andato già da tempo non essendo più che un pallido ricordo dell’uomo che era stato.

Ci siamo conosciuti per caso, a Roma, al Teatro Tenda. Erano tempi eroici di contestazione e di lotta, quando eravamo giovani e pensavamo di cambiare il mondo. Era Mistero Buffo ed la terza volta che vedevo quello spettacolo.

Ero arrivato prima,MOLTO PRIMA, lui era fuori dalla roulotte e ci siamo messi a chiacchierare come ci fossimo sempre conosciuti ma in quel tempo andato era cosi e non era una cosa strana. Franca non c’era, peccato perché mi sarebbe piaciuto conoscerla avendola seguita con il pensiero, nel suo percorso politico e artistico sebbene in lei le due cose erano difficili da scindere.

Non parlammo di nulla in particolare, nessun aneddoto da raccontare perché era solo uno l’argomento di quegli anni, sempre e solo lo stesso, la politica e forse proprio per questo il mondo non lo cambiammo. Non siamo riusciti ad andare oltre, oltre noi stessi, oltre le nostre idee, i nostri pensieri. Ero andato presto per avere un posto in prima fila e ne avevo vinto uno in primissima. Il tempo però passò come sempre accade al tempo che non cessa discorrere per il solo fatto che noi lo desideriamo e, inevitabilmente si fece tardi. Lui doveva andare in scena, io tra il pubblico ad applaudirlo e ridere. Si, ridere, le sue commedie erano esilaranti e non potevi in alcun modo annoiarti. Solo sulla scena sembrava sempre che da un momento all’altro dovessero entrare schiere di attori.

Ci salutammo mi girai e diamine!  C’era una fila enorme per entrare. Guardai Dario. Io ero molto più giovane di lui. Lui mi disse di seguirlo e io lo feci anche se non proprio come un bambino segue un aquilone perché con me l’esistenza non era stata tenera ed avevo conosciuto il dolore quando altri ancora si trastullavano con i balocchi. Una cosa che sebbene solo un una sorta di empatia mi univa a Franca. Non c’entra molto ma poi nel tempo ho spesso pensato che Fo, fosse Franca e lui solo il tramite sul palcoscenico. Un tramite spettacolare che ti trascinava nel suo mondo senza che tu ne rendessi conto e, ridendo, pensavi e non solo pensavi, inconsapevolmente ti istruivi, era il cosi detto “Teatro Militante”, ma questa è un’altra storia.

Mi diede uno dei posti riservati ed ero quasi sul palco. Chissà che anno era, questo non lo ricordo affatto ma, per onorare la cronaca dovevano essere, anno più anno meno, una quarantina di anni fa quando molti di voi non erano neppure nati.

Per la mia generazione Dario Fo e la sua Palazzina Liberty con il Collettivo Teatrale la Comune hanno rappresentato un punto di riferimento culturale, artistico, politico e sociale. Purtroppo, molti come me, lo ricorderanno solo e soltanto per quel grande passato di quel tempo quando le nostre giovani vite si sono incrociate con la sua e molti dei suoi pensieri sono diventati i nostri. Un passato che non ha nulla a che spartire con il presente.

Per coloro che credono, ora è tornato a fianco di Franca che non ha dovuto assistere al suo declino. Per noi che non crediamo, resta il rammarico del fatto che poteva andarsene come un grande ed invece ha scelto di farlo da piccolo. Peccato, ciao Dario.

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