LA CHIESA DI SANTA FORTUNATA A SUTRI -una dimenticata fonte miracolosa-

 

Image00001In questo nostro nuovo viaggio nel tempo, cercheremo di recuperare all’attenzione del vostro sguardo e alla vostra voglia di avventurosi misteri, una delle più antiche chiese sutrine, oggi sconsacrata e abbandonata all’incuria e al degrado, preda di crolli e rampante vegetazione. Una chiesa che custodisce un segreto che cercheremo di far riaffiorare dalle opaline memorie di un tempo arcaico, dimenticato e confuso, sempre se avrete la pazienza di seguirci in questa nostra avventura.

La chiesa di Santa Fortunata di Sutri non mancherà di affascinarvi con la sua silenziosa e maestosa decadenza che, ancora una volta, nulla è come appare a prima vista.  Tanto per cominciare, la chiesa non è una ma sono due, perché Fortunata, ad essere una sola, come andremo a vedere, proprio non ci riesce. Ma andiamo per ordine in un a storia dove non ce n’è affatto, innanzi tutto, chi era questa santa che sicuramente nessuno di voi conosce, a cui è stata dedicata la chiesa (anzi due) che andiamo a recuperare dalla memoria del tempo?

Secondo il Martirologio Antico del XVI secolo che ne riunisce altri ben più antichi, si tratterebbe di una giovane, nemmeno a dirlo, ovviamente  vergine, vissuta a Cesarea di Palestina, convertita al cristianesimo e catturata dalle milizie romane durante le persecuzioni di Diocleziano.1-martirologio antico in italiano

A dispetto del suo nome, non fu poi cosi fortunata, considerato che dovette affrontare “l’eculeo, l’incendio, le fiere ed altri tormenti” di quel tempo, prima di poter morire e diventare martire della fede nell’ottobre del 200 per essere quindi trasportata a Napoli, sebbene questo viaggio patenopeo sia una aggiunta postuma, avvenuta attorno al X secolo ad opera di un certo prete Autperto, il quale, già che c’era, a questa vicenda aggiunse anche tre fratelli; “san Carponio, Prisciano et Evachristo”.

Un altro martirologio, quello Geronimiano del V secolo, nomina invece una Santa Fortunata di Patria (Torre di Patria) che nulla ha a che vedere con la martire palestinese. Di Santa Fortunata, quindi, ce ne potrebbero essere due, una campana e una palestinese.

E’ sempre il solerte prete Autperto che ci svela come siano arrivate a Napoli i resti di Fortunata. Se ne incarica Stefano II vescovo di Napoli, nell’VIII secolo. E’ lui che transla i resti per esporli nel convento di San Gaudioso, in una cappella dedicata proprio a Santa Fortunata.

I resti della santa erano però a Liternum, una cittadina che era stata devastata dai vandali di Genserico nel V secolo. E’ da Literno infatti che viene traslata, almeno questo stando ai documenti. Documenti che come vedrete, non sempre raccontano la verità. Ora senza farla tanto lunga, Literno è molto vicino a Patria, viene da se, che si tratterebbe quindi della santa campana citata nel martirologio Geronimiano del V secolo, ma non è cosi. Le carte narrano chiaramente della martire palestinese vissuta a Cesarea.

Senza entrare in ulteriori dettagli che sarebbero fin troppo tediosi, credo che già vi state rendendo conto che attorno a santa Fortunata, nel corso dei secoli, si è creata una certa confusione e una serie, per cosi dire, di “depistaggi”, che arriveranno a farla sparire perfino dai martirologi successivi che, dopo quelli che già vi abbiamo citato, si dimenticano completamente di Fortunata.

Sembra quasi che finito il suo “ruolo, Fortunata sia stata “dismessa” e mandata per cosi dire in pensione. Ora, se non sappiamo chi sia veramente santa Fortunata, possiamo però affermare con una discreta certezza che i suoi resti riposano a Napoli, documenti alla mano, ma non è così nemmeno in questo caso. 1-santa fortunata autentica corpo-001 Qualche secolo più tardi e per l’esattezza nel 1790, il suo “corpo santo” e il “vaso con il sangue” vengono estratti dalle catacombe di Ciriaca a san Lorenzo al Verano a Roma. Che si tratti dei suoi resti ne abbiamo la certezza documentale, in quanto sono stati per cosi dire, autenticati dal cardinale Saverio Cristiani, assistente al soglio Pontificio.

Il Vaticano è talmente sicuro che una bolla papale di Pio VI li assegna al parroco di Baucina (PA) affinché li esponga al culto e alla devozione dei fedeli presso la chiesa di Maria SS. Del Lume al Collegio di Maria a Baucina, dove tutt’oggi li potete trovare. Non erano quindi a Napoli, ma a Roma.maxresdefault

All’inizio di questa nostra dissertazione, vi avevamo  accennato che Fortunata difficilmente sarebbe riuscita ad essere una sola, infatti, solo sei anni dopo, la santa viene di nuovo estratta da una catacomba ma questa volta da quella di Caledopio. Evidentemente nessuno si era ricordato di averlo già fatto. Anche in questo caso il Vaticano provvede alla autenticazione del “corpo santo”, la firma sul modulo è questa volta del Reverendo Giacomo Severino, canonico della chiesa di San Marco a Roma.

Dal 1798 santa Fortunata riposa anche nella Cattredale di Moquegua in Perù, traslata nel nuovo mondo da Padre Taddeo di Moquegua, Commissario del Collegio di Propaganda Fide e la sua teca peruana non ha nulla ad invidiare a quella siciliana.1-santa_fortunata_moquegua

Siamo cosi a tre Santa Fortunata, compresa quella che dovrebbe essere a Napoli. Mi sembra piuttosto evidente che attorno a questa santa si sia creata una notevole confusione e soprattutto che sia tanto poco conosciuta che chiunque poteva dire, sostenere o aggiungere qualsiasi cosa a proposito della sua vicenda senza timore di essere smentito.

Non ci rimane ora che occuparci della chiesa di santa Fortunata di Sutri, anzi delle due chiese e, della fonte miracolosa di cui abbiamo notizia e che ha solleticato la nostra curiosità. Si tratta di una fonte dove andavano a bere le partorienti sutrine, a quanto pare, almeno fino al 1960. Una fonte che forse può spiegare la tortuosa vicenda della nostra Fortunata e di come questa sia arrivata a Sutri.  Forse, perché in questo nostro viaggio nel tempo, “il forse” impera su ogni considerazione. Se anche i documenti sono fallaci, ambigui e incerti, potete solo immaginarvi tutto il resto. Più che certezze, cercheremo di instillare in voi il dubbio. D’altronde, spesso e volentieri per arrivare alla verità può essere necessario dubitare, dubitare profondamente.

 

 

Siamo attorno all’anno mille. Anno in cui, secondo profezie catastrofiche, si sarebbe dovuta verificare la fine del mondo. Invece, il mondo, imperterrito prosegue la sua storia, forse perché non aveva letto le profezie, oppure perché la maggior parte della gente di quell’epoca nemmeno sapeva di essere nell’anno mille.

Un atto di donazione del 1023, rivela l’esistenza  di una cella “Sancta Fortunata de Sutrio” che dipendeva a sua volta dal monastero romano dei santi Andrea e Gregorio al Celio. E’ questa la prima certezza sull’intestazione della chiesa che andremo a riscoprire e dell’annesso monastero benedettino, solitamente dimenticato. Per traverse fonti siamo però abbastanza sicuri che già esistesse almeno un secolo prima. Non si tratta però della chiesa che compare perfino in alcuni depilant turistici. Stiamo parlando del primo insediamento rupestre cristiano, sorto su precedenti sepolture etrusche e, probabilmente, su un preesistente culto arcaico. Culto arcaico che è uno dei misteri della nostra storia. Vi avevamo accennato all’inizio che le chiese di santa Fortunata, erano due. Una conosciuta e un’altra dimenticata.

Trovare la chiesa di Santa Fortunata a Sutri è abbastanza semplice, abbiamo praticamente l’indirizzo e ci si può arrivare perfino comodamente in macchina. E’ in località Pian Porciano, appena fuori porta Romana, poco distante dalla Cassia, lungo la via Nepesina, oggi denominata Strada dei Creti. Non abbiamo il numero civico ma questo non dovrebbe essere un problema.

Bisogna valicare quello che oggi è un torrentello che nel catasto pontifico veniva denominato come Fosso di Monte la Guardia. Una denominazione che “tradisce”subito una funzione di controllo. Il corso d’acqua  scorre ancora oggi sebbene in proporzioni più modeste a sud del complesso. Un tempo, avreste dovuto sicuramente pagare un pedaggio per attraversarlo.

Fonti medioevali attestano che su questo corso d’acqua era stato impiantato un mulino, utilizzato dal convento annesso alla chiesa oggetto del nostro viaggio nel tempo. Le stesse fonti parlano di “canapine” installate nei terreni adiacenti alla chiesa, dal che se ne deduce che i monaci coltivavano la cnapa per tessere la tela grezza.

Si trattava probabilmente di uno dei guadi protetti dai Cavalieri Templari. La “mansione” sutrina, insieme a quella viterbese di santa Maria in Carbonara era tra le più importanti della zona. Sutri era sosta obbligatoria per i “Romei” che si recavano a San Pietro e cercavano di girare al largo dalla Selva Cimina, l’orrido bosco che, fin dai tempi degli antichi romani incuteva una misteriosa e atavica paura. Dopo Sutri era Baccano e poi si entrava a Roma.

Il toponimo di Monte la Guardia però viene a sostituire uno precedente e molto più antico, quello di Mons Sanctae Fortunatae, il che porterebbe ancora più indietro nel tempo la chiesa di santa Fortunata e il suo monastero.

 

La chiesa la troviamo subito, senza nessuna difficoltà,  la sua facciata s’apre in alto su un declivio, decaduta e rotta a lato di un fatiscente cancello d’una proprietà privata. A ben vedere una proprietà privata di tutto, soprattutto di decoro, considerato il luogo che occupa.  1-santa fortunata chiesa del xv sec

Quella davanti a noi è una semplice aula ad un’unica navata realizzata in conci di tufo tra il XV e il XVI secolo, sotto Nicolò V. Un modesto campanile a vela sul finire del commento d’una lunga crepa, completa la costruzione senza alcuna pretesa architettonica.

Se però  guardate con attenzione quella crepa, con quell’amore per i dettagli che spesso stanno a significare il tutto, è lei che incredibilmente, sembra tenere ancora insieme la semplice e austera facciata, 1-santa fortunata chiesa del xv sec crepache pare essere ancora in piedi, solo per poterci  raccontare la storia non tanto sua, che questa chiesa si rende benissimo conto di non essere cosi importante, ma la storia di quanto nasconde allo sguardo di chiunque vi passi dinnanzi. La storia della chiesa rupestre di Santa Fortunata, del suo convento e di una misteriosa fonte miracolosa di cui si è persa la memoria.

Dagli scarni documenti su questi luoghi sappiamo che un piccolo monastero rupestre godette di una certa floridezza economica soprattutto durante gli ultimi anni del Duecento e che nei primi anni del Trecento al suo governo ancora veniva designato un monaco del cenobio celimontano da cui dipendeva. Poi le forme di controllo diretto si allentarono e la sua sede, già alla metà del XV secolo, era vacante e praticamente in rovina.

E’ in questi documenti che troviamo il primo fatto piuttosto singolare. Nonostante questo stato di decadenza, e di perdita di importanza,  nel 1451 vengono dati dei fondi all’abate di san Gregorio proprio per la riedificazione  della chiesa di S. Fortunata e del suo convento. Invece di ristrutturare il complesso  rupestre, viene costruita  ex novo quella che ora è davanti a noi. Ovviamente, quella che abbiamo dinnanzi, non è la chiesa di santa Fortunata che stiamo cercando e di cui si parla nei documenti medioevali.

La porta è sbarrata da un grosso e moderno lucchetto ma possiamo comunque sbirciare all’interno sebbene questa sarà la parte meno suggestiva del nostro viaggio nel tempo, guardare dal buco della serratura, anche se si tratta della grata arrugginita di una finestra sul punto di crollare, ha sempre il suo fascino. Il fascino del proibito. L’interno è vuoto, spogliato di tutto che sembra quasi depredata e saccheggiata.

Eppure la luce che filtra da un’alta e semplice finestra vuota e rotta, riesce a rendere suggestivo anche il decadente abbandono di questo luogo. I colori sbiaditi e sfranti in più punti, le macchie dell’intonaco, l’altare depredato e perfino lo strappato affresco sullo sfondo rendono affascinate questo luogo che, comunque ha attraversato secoli di storia. Secoli che cosi mal ridotto, dimostra tutti. Sembra che all’interno di questa chiesa siano passati dei barbari che si sono portati via tutto quello che potevano, altare compreso, lasciando qui solo le mura, troppo pesanti e spoglie per avere un qualsiasi valore.1-santa fortunata chiesa del xv sec interno

Ho sempre avuto una passione nascosta per i luoghi antichi abbandonati e solitari. Ho come la sensazione che stiano li ad aspettarmi e, per un istante mi abbandono a questa sensazione sbirciando dalla finestra. Mi sembra di star rubando l’anima di questo manufatto, di farla diventare  mia come tanti altri ricordi che affollano la mia mente.

Tra le crepe e le muffe dei muri che restano in piedi solo per sfidare il corso del tempo, mi sembra di scorgere gli ignoti volti dei tanti che devono essersi fermati in questo luogo non solo per pregare. Non si vedono ne porte ne altri ingressi all’interno che non sia il malandato portone sbarrato dal lucchetto. Dalla chiesa di Santa Fortunata che stiamo vedendo sicuramente non si accede a quella antica “cella Sancta Fortunata de sutrio” e neanche alla chiesa rupestre, dove, stando a vaghe ed incerte notizie, dovrebbe esserci la sorgete miracolosa.

Una fonte dove le partorienti si recavano per berne l’acqua,  tradizione che stranamente, è documentata proprio a partire dal periodo intorno della costruzione di questa chiesa e durata fino agli anni ’60. La cosa strana è che nessuna fonte ne parla in tutto il periodo precedente come non fosse esistita.

A sinistra, tra le ortiche e la vegetazione che si  riappropria del luogo, si vede  una sorta di apertura nel tufo. Delle nicchie  molto simili alle tante tombe che abbiamo visto sull’opposto versante della Cassia, mentre su questo lato a onor del vero, non ne abbiamo viste affatto, se escludiamo la “Grotta del Paladino Orlando” che tempo addietro siamo riusciti a ritrovare.1-nicchie ingresso chiesa rupestre-001

Sembra esserci un antro oltre quelle modanature sul tufo. Alziamo le braccia, non per arrenderci ma per non farci bruciare la pelle dalle piante che montano di guardia. Entriamo e dentro è buio. Dobbiamo attendere che la grana del nostro sguardo si adegui alla poca luce ed è meglio restare fermi nel frattempo che il terreno sotto i nostri piedi è colmo di detriti di ogni genere e non riusciamo a scorgere nulla.

Non abbiamo pensato a portare con noi una torcia. A onor del vero questo luogo lo avevamo immaginato diverso, pensavamo che al retro si accedesse dalla chiesa del XV secolo e quindi siamo impreparati. Le notizie sono frammentarie e piuttosto disorganizzate per quello che riguarda la chiesa rupestre. Mentre quelle che riguardano la chiesa che ci siamo appena lasciati alle spalle abbiamo sono solo quelle che qui avete potuto leggere anche voi, praticamente nulla. Del resto, se cercate certezze su santa Fortunata, lasciate ogni speranza trovarne.

Lentamente il nostro sguardo si abitua all’ambiente che non è affatto piccolo come ci era sembrato appena entrati. Di una cosa però, potete esserne certi, l’abbiamo trovata! Non può che esser lei. Siamo all’interno della chiesa rupestre di Santa Fortunata, quella che spesso è stata confusa con delle catacombe e questa oscurità che ci circonda, assume uno spessore diverso.

Antichi buiori interiori e taciturni monaci benedettini si sono aggirati per questi luoghi con le loro tuniche e i cappucci e, ancor prima, solitari anacoreti raccolti in silenziose preghiere con se stessi. Questo è un luogo arcaico. Ancora una volta siamo nel grembo delle rocce, fasciati dal buio, ma anche le cose oscure tendono a schiarirsi, è solo questione di tempo, quel tempo che, in definitiva, è lo scopo dei nostri viaggi, quel tempo che anche qui scorre in una dimensione diversa sospesa tra mistica favola e realtà. Questo, prima di diventare ogni altra cosa, era un cimitero, un cimitero etrusco.

Le analogie con il Mitreo poco distante diventato in seguito la chiesa di Santa Maria del Parto, sono immediatamente evidenti. Ambedue i luoghi di culto sono rupestri, ambedue sono sorti su tombe etrusche scavate nel tufo e molto probabilmente anche santa Fortunata si innesta su un culto precedente non cristiano, la qual cosa, per ora, è solo una delle tante congetture che mi frullano per la mente.

E’ l’oscurità il tratto predominante di quest’ambiente, anche a causa della parete ovest, della chiesa rinascimentale che non permette più alla luce di filtrare come un tempo doveva essere. E’ del tutto evidente che dopo la costruzione della chiesa del XV secolo, i locali dove siamo rimasero completamente al buio e di difficile utilizzo a meno di illuminarli con torce e fiaccole.1-semiambulacro

A occhio nudo non riusciamo a vedere molto e allora usiamo uno stratagemma. Fotografiamo la zona con il flash e poi guardiamo sullo schermo della macchina digitale cosa abbiamo inquadrato. Funziona, ed ecco davanti a noi il portico dove passeggiavano i monaci e che fungeva da navata laterale. Possiamo vedere i pilastri che lo componevano sul lato ora murato a causa della chiesa rinascimentale.

Possiamo anche vedere il varco che doveva consentire l’accesso alla chiesa “moderna” in un secondo momento, per motivi che ignoriamo, murato anch’esso. 1-semiaingresso murato alla chiesa del Xv secChe si trattasse di un accesso o di una porta è evidenziato dall’arco che ancora si vede tracciato nella muratura e in seguito riempito. All’interno della chiesa rinascimentale, l’intonaco che abbiamo visto lo ha completamente ricoperto nonostante fosse crepato e rovinato in più punti. Anche questa è una stranezza.  C’è una grossa frana all’interno e un po’ di luce filtra dall’alto. In questo luogo, con il passare dei secoli, la situazione deve essere mutata molte volte, eppure è evidente che nonostante le trasformazioni e i crolli documentati dai fondi stanziati nel 1451, c’è stata una volontà piuttosto forte di continuare a mantenere un presidio religioso nonostante tutto.

Alla nostra sinistra possiamo vedere un primo ambiente con degli arcosoli, che altro non sono che “sepolcri arcati”, tipicamente etruschi. La volta di questo ambiente scavato nel tufo è a botte. Entrando si può vedere che uno degli arcosoli è stato 1-interno primo ambiente con arcosolio aperto a finestrasuccessivamente svuotato a creare una finestra, il che significa chiaramente che prima della costruzione nel XV secolo della chiesa che abbiamo visto fuori, questi locali erano illuminati dalla luce del sole. Non vediamo neanche segni di annerimento. Qui dentro non sono mai state usate fiaccole o altri strumenti del genere per illuminare. L’ambiente non è piccolo e poteva benissimo essere stato la cella di un monaco.1-secondo ambiente

Sempre alla nostra sinistra c’è un altro ambiente che sembra più rifinito. La volta, sempre scavata nella roccia tufacea sembra essere a crociera e al suo interno ancora le nicchie ad arco. Le dimensioni sono pressappoco identiche all’altro.

Abbiamo percorso diversi metri, sicuramente una quindicina. Ci giriamo a guardare il pertugio da dove siamo entrati senza nessuna difficoltà. In questo luogo, diversi strati della storia si 1-entratasovrappongono come spesso accade per alcuni luoghi di culto che attraversano i secoli, cambiando divinità e religioni per giungere fino ai giorni nostri. Sono luoghi particolari e già solo per questo, affascinanti. Fin dall’inizio dell’era cristiana è stato dedicato a santa Fortunata, questa santa alquanto sconosciuta e dalle origini piuttosto incerte e, non ha mai cambiato nome. Al contrario per esempio del mitreo che abbiamo già citato, che invece nasce nel periodo cristiano come chiesa dediacata a San Michele Arcangelo.

Ma era davvero cosi importante questa santa da meritare perfino la costruzione di una chiesa nuova quando questa che è la cella di santa Fortunata degli antichi documenti andrà in rovina? Perché noi stiamo vedendo quelle rovine, cosi come dovevano apparire nel XV secolo o poco dopo. E’ tutto veramente cosi come appare? Non possiamo fare a meno di domandarcelo.

Congetture a parte, ci stiamo abituando alla poca luce e andiamo avanti. Ecco che a destra appare la navata centrale della chiesa rupestre tra luce e buiore incorniciata in un arco. E’ una immagine stupenda. E’ il cristiano e antico tempio, la chiesa arcaica che affonda nella storia, quella  storia che stiamo indagando e che a tutti i costi vogliamo conoscere e fare nostra.1-navata centrale 2

Sono muti e maestosi questi resti, i rami fronduti degli alberi che si piegano a sostituire la volta crollata che possiamo solo immaginare. Archi enormemente vuoti che ancora tentano di raccontarci qualcosa e un pavimento di foglie secche e morte, assolutamente intatto. Qui non viene nessuno da moltissimo tempo. Quello che vediamo somiglia a un dipinto a olio e invece è vero e reale, magico e suggestivo. Una chiesa abbandonata e rotta che mentre noi entriamo in lei, lei lentamente entra in noi.1-navata centrale (2)

Sullo sfondo, in laterizio, un arco poggia da una parte su un pilastro in muratura e sull’altra su uno rupestre che è il seguito della roccia stessa lanciata come un ponte tra le due strutture e le unisce in un abbraccio che si fa ingresso nell’antica chiesa che è questa la Santa Fortunata che volevamo vedere e non l’altra che ora, vista da questa angolazione, sembra quasi un’intrusa che occupa un posto che non le appartiene affatto.1-transetto

Oltre non si può andare, è proprietà privata ed è sbarrata da una rete. Ci appare questo come una sorta di profanazione. Un oltraggio che solo un paese come il nostro può consentire. L’area oltre la rete  e’ stata adibita a pollaio. Potrebbe trattarsi della zona dove dovevano ricadere i “claustra” del convento, ovvero i recinti che i monaci benedettini non potevano oltrepassare senza il permesso dell’abate. Vi hanno ricavato anche un forno. Non abbiamo mai avuto simpatie per la Santa Inquisizione, ma se fosse ancora in auge non avremmo nulla da obiettare nel consegnarli il proprietario del pollaio.

In verità, documenti alla mano, il monastero di Santa Fortunata non è nuovo a questi “espropri”. Infatti uno dei documenti che ne attesta la sua esistenza è del gennaio 1142 e si tratta di un atto che sanciva la fine di una controversia tra un nutrito gruppo di sutrini che doveva restituire merci o bene che erano da loro detenuti in modo indebito e che spettavano invece alla chiesa di Santa Fortunata. Il gruppo nel documento è denominato i “Patarenses”, ovvero i Patarini, un movimento ereticale che criticava la ricchezza del clero e della Chiesa evidentemente presente a Sutri. Bonizone di Sutri, “intellettuale” filo-patarino fu vescovo della città tra il 1075 e il 1076 sotto Gregorio VII.1-esterno

Varchiamo l’arco. Dall’esterno si intuisce meglio la commistione  tra la parte in muratura e quella prettamente rupestre che caratterizza tutto il complesso. Per un istante cerchiamo di immaginarci come doveva essere il luogo senza il grosso cubo di tufo che costituisce il corpo della chiesa rinascimentale. A prima vista sembra quasi che sia stata edificata per coprire i resti di quella rupestre e continuiamo a chiederci il motivo di questa nuova costruzione, quando forse sarebbe stato perfino più economico ripristinare quella, con ogni probabilità, crollata a causa delle incursioni di Niccolò Fortebraccio che attorno al 1433  devastò il borgo. 

Abbiamo trovato quello che resta del convento benedettino e la chiesa rupestre di Santa Fortunata, non ci resta che cercare la fonte o quello che ne resta visto che non ci sembra che l’acqua sgorghi in alcun modo nei pressi di dove ci troviamo e oltre la rete del pollaio non possiamo andare.  Qualche notizia l’abbiamo, soprattutto da una tesi di laurea che si è occupata di questo luogo ed ora che ci siamo entrati cominciamo perfino a capirci qualcosa.

L’abside della chiesa rupestre è sbarrata da un diaframma non troppo alto che sembrerebbe realizzato con gli stessi conci di tufo utilizzati per costruire la chiesa per cosi dire “nuova”.1-muro di tufo che sbarra l accesso all'abside E’ questa una realizzazione di cui ci sfugge il senso, non sembra avere nessuna utilità pratica, se non quella di non permettere l’accesso all’abside che comunque risulta pienamente visibile,  nella parte alta che doveva essere ancora affrescata quando questo diaframma di tufo è stato realizzato. Qualcosa attira la nostra attenzione. Un pezzo di marmo murato nel tufo in basso che stona con tutto il resto. Lo puliamo con dell’acqua. E’ lavorato. Attorno a un foro che funge da bocca, una faccia stilizzata. Si vedono benissimo gli occhi e una iscrizione “M834” e ancora dei bassi rilievi sopra la scritta. 1-bocchetta di marmo della fontrSi tratta di una iscrizione moderna, forse sta ad indicare “1843”, ma è indubbiamente la bocchetta della fonte che stavamo cercando, quella dalla quale bevevano le partorienti che qui venivano fino agli anni ’60.

Mi arrampico sul muro che non consente l’accesso all’abside e finalmente in alto a destra riesco a vedere la canalizzazione che alimentava la fontana. E’ scavata nel tufo e inclinata. Si vede benissimo in alto da dove doveva sgorgare  un piccolo fiotto d’acqua che discendendo lungo la fiancata dell’abside andava a riempire uno scavo nella , come una vaschetta di raccolta dell’acqua, proprio dove abbiamo trovato la bocchetta.1-canalina della fonte miracolosa E’ senza ombra di dubbio la “fontana miracolosa” che stavamo cercando. Che doveva essere alimentata dall’acqua piovana, perché non c’è nessuna sorgente che l’alimenta.  Proprio sopra la canalizzazione è ancora possibile vedere i resti di un affresco circolare, una sorta di medaglione.

E’ del tutto evidente che nel momento in cui l’affresco, è stato realizzato, si è inteso lasciare intatta la canalizzazione dell’acqua preesistente. L’affresco è in pessime condizioni e molto deteriorato. 1-affresco sopra la canalinaBisogna osservarlo attentamente per riuscire a distinguere la figura di donna vestita di rosso. Attorno alla testa è ancora possibile intravedere un’aureola. Considerato che l’unica cosa veramente sicura di questo luogo lungo tutto il periodo cristiano è la sua intestazione, potrebbe trattarsi della “nostra” Santa Fortunata, a cui è dedicato il complesso.

La santa sarebbe stata posta proprio al di sopra della canalizzazione dell’acqua come a benedirla. Sul versante opposto abbiamo invece la figura di un monaco con la caratteristica tonsura. Sono quelle macchie nere e anche qui bisogna soffermare lo sguardo per riuscire a vederlo. Un contorno rosso circondava il medaglione, mentre della parte centrale non c’è più nessuna traccia.

Sulla sinistra in alto sempre nell’abside, si vede un altro foro da cui probabilmente sgorgava dell’acqua ma in questo caso la canalizzazione sembra essere solo a terra sul pavimento ingombro da detriti. Una canalizzazione che sembrerebbe condurre anch’essa alla piccola vasca di raccolta. Ne possiamo dedurre che il flusso dell’acqua non fosse di grande portata e che discendesse piuttosto lentamente venendo raccolto sia a destra che a sinistra nella stessa vaschetta, ora oltre il muro di tufo.

Inutile sottolineare che nell’abside delle chiese cristiane, come nei templi pagani, si compivano le funzioni sacre del culto, in quanto luogo “inaccessibile” ai laici. L’abside sottolinea per cosi dire l’altare che è solitamente posto dinnanzi. Da quello che possiamo vedere è abbastanza semplice dedurre che la fonte già esistesse quando questo luogo è diventato cristiano ed è stato affrescato. E’ altrettanto evidente che la fonte miracolosa non sia mai stata dismessa, altrimenti non sarebbe arrivata integra fino a noi e che durante il periodo cristiano era proprio dietro l’altare, nell’abside dove è ancora oggi, nonostante non ci sia traccia di acqua.

Sono portato a credere che si trattasse non già di una sorgente ma di acqua piovana che in qualche modo si canalizzava e usciva dalla roccia nei punti che abbiamo visto. Considerato che anche nel mitreo poco distante si verifica la stessa cosa, sarebbe quanto meno singolare che due diverse sorgenti di acqua poco distanti l’una dall’altra si siano prosciugate entrambe. La bocchetta di marmo inserita nel tufo è stata sicuramente messa in età “moderna”, probabilmente per igienizzare la sorgente visto e considerato che le partorienti venivano fin quassù a bere l’acqua miracolosa.

Sarebbe interessante rimanere qui dentro durante un bel diluvio per poter verificare se in questo caso l’acqua sgorga ancora dalla roccia, sebbene questo luogo in un’occasione del genere metterebbe decisamente i brividi.

Alziamo lo sguardo per vedere se riusciamo a intravedere altri affreschi nella volta, e in effetti riusciamo a notare dei resti. Sono delle stelle rosse, delle stelle a otto punte su un fondo bianco. Sono nel transetto ed è una stupefacente sorpresa. La volta di questa chiesa riproduceva una volta celeste, una volta celeste assai particolare. I simboli in un mondo dove nessuno sapeva leggere e scrivere erano il modo per comunicare e raccontare, un modo universale che superava i diversi idiomi e le diverse lingue. Il simbolo e’ un modo immediato di trasmettere una conoscenza, è facilmente comprensibile e immediato, un sistema largamente usato nell’antichità. Non sono stelle qualsiasi quelle che vediamo dipinte sulla volta e non può trattarsi di un caso.1-croci delle beatitudini

Si tratta della Croce delle Beatitudini, un segno mariano legato al culto di Maria. Questa chiesa è tutta al femminile e ci deve essere un motivo preciso, perché santa Fortunata non ha nulla a che vedere ne con il parto, ne tanto meno con le nascite, e qui in questo luogo, è invece presente una fonte miracolosa legata alla maternità. Dalle poche e scarne notizie che abbiamo, Fortunata era vergine, una condizione, converrete con me, assolutamente deleteria per il parto. Nonostante questo nel corso dei secoli non si è mai pensato di dedicare questi luoghi a un’altra santa, oppure come sarebbe fin troppo ovvio, alla Madonna come accade poco distante da qui, sull’altro versante della Cassia dove esiste da non pochi secoli la chiesa rupestre di santa Maria del Parto, un tempo dedicata ad arcaici culti mitraici.

Qualcosa non quadra, perché mai solo attraversando la Cassia c’è una chiesa che celebra il parto ma la fonte miracolosa è invece qui e dedicata a una vergine? In effetti, storicamente parlando almeno, nessuna partoriente sutrina si è mai recata nell’altra chiesa. Venivano qui, da santa Fortunata.

Ma torniamo alla Croce delle Beatitudini che ha otto punte come i fonti battesimali hanno otto lati. Il numero otto è infatti il segno della rinascita attraverso il battesimo. L’acqua che purifica e otto sono le beatitudini descritte da San Marco. Ma tutto questo, ancora una volta, non ha nulla a che vedere con santa Fortunata.

Come il nodo di Salomone che abbiamo trovato nella chiesa rupestre di santa Maria del Parto anche la Croce delle Beatitudini è un simbolo antico e precedente al cristianesimo, ora, se credete al caso, ambedue questi simboli sono nel bagaglio ideologico, culturale e religioso dei Cavalieri Templari che, se ancora credete al caso, erano di stanza proprio a Sutri.

Se volessimo fantasticare e questo luogo si presta benissimo a questa attività ludica dell’intelletto vi potremmo perfino fare notare che la forza di questa particolare croce è talmente importante nel cristianesimo che Papa Francesco, al suo insediamento ritiene di dover cambiare lo stemma papale.

Papa Francesco sostituisce nel suo stemma la stella a cinque punte, con quella a otto punte, la Croce delle Beatitudini, per l’appunto. Un brividore mi attraversa la schiena e questo posto che già sembra magico di suo assume una luce diversa. Mi guardo attorno. Il tappeto di foglie a terra è praticamente integro e non ci sono i soliti rifiuti che di solito si trovano nei luoghi abbandonati. Questo luogo a pochi passi dalla strada è stato dimenticato e noi lo stiamo recuperando al vostro sguardo.1-zona dell'abside sbarrata dal muro di tufo e resti di affresco sulla volta con le croci delle beatitudini (2)

 

Credo che sia giunto il momento di osare a volare e tentare una lettura diversa di questa cella “Sancta Fortunata de Sutrio”. Un volo che fino a questo momento nessuno ha mai neppure tentato. Come è nostro solito fare ci siamo posti delle domande e ora proviamo a trovare delle risposte.

All’inizio di questa avventura abbiamo più volte citato i “Martirologi”, questi altro non sono che delle “raccolte” sulla vita dei santi e dei martiri con il giorno in cui sono festeggiati. Ora, per quanto voi possiate cercare in giro, su santa Fortunata troverete sempre solo e soltanto le stesse poche e scarne notizie. Se invece vi rivolgete, si fa per dire, a Santo Fortunato, troverete una mole imponente di scritti. Per quale motivo allora dedicare questo luogo a questa martire palestinese pressoché sconosciuta?

Una risposta per quanto semplice potrebbe essere che servisse una donna e che un uomo non fosse adatto a sostituire un culto che in questa zona, evidentemente, doveva avere un grande seguito soprattutto in virtù di una fonte miracolosa frequentata già in era precristiana dalle partorienti e questo nonostante nessun documento ne parli mai nemmeno per errore. Difficilmente un uomo avrebbe potuto essere associato alle nascite e al parto, “trasportando” questo arcaico luogo di culto nell’era cristiana facendo dimenticare le sue origini.

E ancora, per quale motivo poco distante da qui e grosso modo nella stessa epoca c’è un’altra chiesa sempre legata al parto, se non altro solamente nel nome e che sembrerebbe aver cambiato nome per un qualche oscuro motivo. Sembrerebbe quasi un tentativo di “dirottare” le fedeli che dovevano partorire o chiedere la grazia di rimanere in cinta.

Ricorderete che santa Fortunata, oltre a non avere proprio nulla a che vedere con i parti, venga perfino confusa con una inesistente martire di Palestrina anche in epoca odierna. Bene la differenza tra Palestina e Palestrina, converrete anche voi che è minima se non fosse che una è in Africa e l’altra nel lazio, si tratterebbe solo di un dettaglio.

Ora sarà anche un caso ma a Palestrina sorgeva uno dei più maestosi ed imponenti templi dell’antichità, dedicato a una delle più antiche e arcaiche divinità italiche che conosciamo. Il tempio, i cui resti ancora oggi sono giganteschi era dedicato alla Fortuna Prigemia.1-download-001

Se secondo voi abbiamo tirato troppo la corda, possiamo aggiungere che la dea Fortuna era colei che proteggeva la maternità, era divinità della fecondità per i campi e della fertilità per gli esseri umani. Fin troppo evidente che sotto questa diversa luce ogni cosa torni al suo posto e acquisti un senso.

Dopo esser stato cimitero etrusco il sito diventa luogo di culto della dea Fortuna, anche in virtù della fonte miracolosa che già era collocata nell’abside della “basilica” prima dell’avvento del cristianesimo. Si trattava di una divinità assolutamente femminile, legata in modo totale e assoluto all’universo femminile e, allo stesso modo del mitraismo, molto radicato nel territorio. Poteva essere soltanto una santa Fortunata a sostituirla nel nuovo “immaginario” sutrino.

Devono essere stati inutili anche i tentativi di trasportare verso il l’ex mitreo questo culto antico sostituendo l’Arcangelo Michele con la Madonna del Parto. L’antica cella di monaci benedettina probabilmente nei secoli avrà cercato in qualche modo di “gestire” la fonte miracolosa che è piuttosto evidente non sia mai stata dismessa.

La pratica di andare a bere l’acqua miracolosa riprende liberamente e spontaneamente nel XV secolo quando viene costruita la nuova chiesa e eretto il muro che blocca l’abside ma il convento benedettino ormai praticamente non esiste più ed è proseguita fino ai giorni nostri in modo piuttosto corposo, tanto da essere documentata.

L’operazione “culturale” di far completamente dimenticare l’origine del santuario si può dire assolutamente riuscita e nessuno ricollegherà più la fonte miracolosa alla dea Fortuna. Almeno fino ad oggi.

Ma i Cavalieri templari che fine hanno fatto vi starete sicuramente domandando? Questo ordine di monaci guerrieri sorge attorno al 1118 in un’epoca sicuramente di molto posteriore a quella degli affreschi della Croce delle Beatitudini che è nella chiesa rupestre di Santa Fortunata e del Nodo di Salomone che è nella chiesa di Santa Maria del Parto. Ma arrivano a Sutri a vigilare lungo la via Francigena che porta i pellegrini a Roma dalla Francia e questi simboli li vedono in tutto il loro mistico splendore. Sono i loro simboli e i simboli parlano a chi sa intenderli, anche quando sono offuscati da manomissioni e dalle dimenticanze del tempo.

Cosa abbiano fatto realmente i Cavalieri templari a Sutri a noi non ci è dato di sapere. E’ rimasta solo la chiesa loro chiesa sconsacrata sulla Cassia e un documento relativo alla confisca dei loro beni dopo quel famoso Venerdì 17 che li vide imprigionati in tutta Europa. Questo però non vi impedisce nel modo più assoluto di fantasticarci sopra!

 

pianta rifatta santa fortunata

 

 

 

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http://duemmepi.altervista.org/blog/il-mitreo-di-sutri-tra-sogno-e-realta/

 

 

Fonti:

Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri date dal canonico Carlo Celano napoletano divise in dieci giornate Napoli, 1692

Sutri nel Medioevo – Storia, insediamento urbano e territorio secoli X-XIV a cura di Marco Venditelli Roma, Viella 2008

The Jewish Pope: Ideology and Politics in the Papal Schism of 1130 di Mary Stroll

S. Fortunata, Sutri. Convegno Vasanello sull’archeologia rupestre

La chiesa di S. Fortunata a Sutri di Giuseppe Finocchio

Pittura Rupestre Medioevale di Simone Piazza

Regio Diciotto “La martire Fortunata di Roma, la “Santa di Baucina (PA)”

sito web “santafortunata.org

Sutri Cristiana, Archeologia, agiografia e territorio dal IV secolo al IX secolo

Insediamenti rupestri religiosi nella Tuscia J.R. Serra

Il regesto del Monastero dei SS. Andrea e Gregorio ad Clivium Sutri

Martirologio Romano Antico

Martirologio Geronimiano

 

 

2 thoughts on “LA CHIESA DI SANTA FORTUNATA A SUTRI -una dimenticata fonte miracolosa-

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