LA MIA AVVELENATA

la mia avvelenata

La mia mole non mi consente di nascondermi dietro un dito, ho la tessera del Partito Democratico e questo probabilmente farà trasalire alcuni.

Credevo che Matteo Renzi avrebbe vinto il referendum senza grossi problemi e che questo  bel paese si sarebbe avviato a un tranquillo e sereno ventennio senza grossi scossoni, lasciandomi trastullare con i miei sinistri e marxisti pensieri, nella mia solitaria  torre d’avorio. Renzi si è dimesso, con un discorso che non posso dire mi abbia lasciato indifferente. Io non avevo mai visto un politico dimettersi avendo oltretutto i voti in Parlamento per andare avanti. Non mi aspettavo lo facesse veramente, dopo, dopo deve aver perso la bussola, forse non ha assorbito il colpo.

Se avevo “azzeccato” la previsione di Trump in America, ho completamente “toppato” invece quella del referendum e questo, questo significa per un marxista l’aver perso la giusta visione della società, non mi ero reso conto che questo paese dove tutto cambia perché nulla cambi, aveva preso un’altra strada. Un’altra strada piuttosto pericolosa, fatta di diverse destre e fantasiosi populismi.

Nel  mio piccolo pensavo di aver dato abbastanza alla politica, venendo da una dittatura sudamericana che mi aveva sbattuto in faccia la politica, passando per gli anarchici della FAI, l’extraparlamentarismo degli anni 70,gli anni di piombo il PCI di Berlinguer, la scelta cossuttiana della diaspora di Rifondazione, due elezioni vinte in coalizione con i DS e i Popolari come consigliere comunale del PRC, 7 anni di governo di un comune laziale, un libro che racconta in quel comune anche la mia esperienza politica di denuncia durante mani pulite, i titoli sui giornali nazionali e locali, due miei amici che si sposano, uniti in matrimonio dal sottoscritto che mai avrei immaginato di fare anche il prete per quanto laico.

Quei sette anni anni di governo, seppure non in Tibet, sono stati dal punto di vista umano una esperienza devastante perché quando sei chiamato a governare e a dare risposte ai cittadini nella stanza dei bottoni, vedi la politica da una parte che i normali cittadini non conoscono e, per uno con la mia storia, non è stato quasi mai un bel vedere. Sono e rimango un marxista, con una visione pragmatica della realtà che di certo è un po’ cambiata rispetto all’ottocento e vedo un pericolo che tanti sottovalutano.

Sono stato uno dei primi ad indagare a fondo sul Movimento 5 Stelle, un po’ per curiosità un po’ perché allora ero a digiuno di internet e mi affascinava la possibilità di poterlo adoperare in politica. Ovviamente, dentro quel movimento nulla di quello che veniva detto era vero e si trattava di una fogna senza fondo, delle più nere e puzzolenti che mai mi era capitato di vedere. Nemmeno erano arrivati sulla scena politica che mi resi conto che erano i nuovi fascisti, il loro programma apparentemente di buon senso mutuato da quello del ’21. La destra estrema mascherata da volto nuovo insieme con tanti utili idioti all’ignaro di tutto.

Con il referendum e la sconfitta delle ragioni del si, alle quali ho aderito (io sono uno che le cose se le va a leggere e il mio unico “anti” è nei confronti dei fascisti) ho assistito alle prove generali del tentativo delle destre di trovare un comune denominatore, aiutate in questo da un manipolo di residuati della “sinistra” in cerca di personali affermazioni, che la politica è lontana dal loro orizzonte. Con le dovute differenze sia storiche che di spessore dei personaggi, la stessa identica situazione dell’avvento di Mussolini.

Il Movimento 5 Stelle, non è un avversario politico, ma un nemico della democrazia. Un pericoloso nemico, perché eversivo dello Stato democratico che vogliono abbattere, sebbene in un modo più sottile e perverso di quanto non tentarono le BR negli anni di piombo. Un nemico pericoloso perché mascherato e non percepito come tale, se riuscisse a saldarsi con la Lega di Salvini, sarebbe la fine di questo paese per i prossimi anni e questo, questo non deve accadere in alcun modo.

In questo panorama, Matteo Renzi, che ovviamente, per un marxista non è il massimo, lasciatemelo dire, ma il problema di fondo non è lui, ma tutto il resto. Ho visto tutta la diretta della Direzione Nazionale, e ho visto un Partito Democratico molto approssimativo, sia negli interventi che nella sua capacità di comprendere il mondo che lo circonda, arrotolato più che altro su se stesso.  A me che ho vissuto altri tempi e altri congressi, quella direzione mi è apparsa come  il direttivo di una sezione di provincia degli anni ’80 e non credo di essere il solo che ha avuto questa percezione.

Se non si fosse svegliato di soprassalto il povero Fassino, salito sul palco con gli occhi cerchiati e strabuzzati a spiegare che stavano sbagliando e che Matteo Orfini stava per cadere in un gigantesco trappolone, quello delle due mozioni contrapposte, non so cosa sarebbe accaduto e in quale guaio procedurale si sarebbe andato a infilare il PD.0000

In quel momento ho sentito trasalire nei loro sepolcri quei tanti compagni che nel tempo ho conosciuto e che ora non ci sono più. Compagni che avevano a mala pena la terza media e il partito, allora comunista aveva allevato e fatto crescere intellettualmente e culturalmente. Compagni che avrebbero tranquillamente potuto inchiodare un laureato della Bocconi come Fassina alle sue responsabilità liberiste. Credo che quei compagni abbiano esclamato all’unisono… ma che cazzo stanno a fa’!

Erano altri tempi direte voi, ma non date credito a quelli che oggi vi racconto di un PCI sdolcinato dove tutti ci volevamo bene ed eravamo politicamente corretti.  Nelle sezioni volavano le sedie e quando si discuteva lo si faceva veramente, con passione, spesso fin troppa ma non si scontravano le poltrone come accade oggi,ma le idee, i valori e le nostre vite spese per quelle tra volantini ciclostilati a mano, colla e pennello, anzi pennellessa, che era femmina e sacra. Solo che poi, finita la discussione si votava e chi perdeva non scappava via con il pallone ma si metteva a lavorare. Tutta qui la differenza e credetemi non è poco.

Dicevo, tanta approssimazione da parte di tutti, la stessa che si vede in giro sia tra i militanti che tra i dirigenti, il che è ancora più grave  che, una volta si andava a scuola, anche di politica. Stendo un pietoso velo sui D’Alema, sui Bersani e perfino sui Veltroni che sono cose del mio tempo e conosco bene, fin troppo bene. Andavano rottamati a suo tempo che si arriva a un punto nella vita che bisognerebbe imparare a farsi da parte.Ci si fa più bella figura.

Io sono di sinistra. Sono di sinistra, per una questione di calzini, un uomo che non li portava mai e che oggi non c’è più sparito che sa dove insieme a tanti altri e che abitava in quella mia Rio de Janeiro che per me iniziava e finiva a rua Paissandù. La via che mi ha visto crescere e fare all’amore per la prima volta.

Se nel passato non ritenni di sinistra D’Alema e Bersani con le sue liberalizzazioni selvagge, figuriamoci cosa posso pensare di loro oggi. Sono quello che tra le altre cose ha costruito la barca di D’Alema. Sono quello che per poco non lo ha gettato nel Tevere che, spocchioso, tronfio e arrogante infangò la coperta di Icaro, la sua barca che gli operai stavano finendo.

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Dovreste vedere in che cantiere l’ha fatta costruire, lui che si erge a sinistro detentore del verbo. La Stella Polare di Fiumicino era uno dei cantieri più disastrati che io abbia mai frequentato. Amendola, l’attore, avendola vista ne voleva una uguale. Venne a vedere il cantiere. Lo vide e rimase scioccato disse che lui in posto simile, privo delle più banali norme di sicurezza, non avrebbe mai fatto costruire la sua barca. Lascio a voi immaginare chi dei due potesse essere di sinistra.

Ma divago lo so, è l’età perdonatemi che almeno io, ne sono consapevole. Torniamo a Matteo Renzi che viene accusato di non essere di sinistra da chi, di sinistra non è mai stato. Bene, Matteo Renzi ha “regalato” a questo paese i diritti civili a una minoranza che prima non ne aveva e, a chi oggi “osanna” Bersani e il Velista per caso Massimo D’Alema, vorrei ricordare che loro, pur potendo non lo hanno mai fatto. A chi dice che sono conquiste liberali, rispondo che può darsi ma rimane il fatto che Renzi le ha fatte e loro no.

Questo non è il momento di fare la rivoluzione e non ce li vedo D’Alema & C. a dare l’assalto al Palazzo d’Inverno. Lo so, probabilmente Matteo Renzi non è propriamente l’uomo giusto per questo momento ma è l’unico che abbiamo e, un marxista è pragmatico e se vuole cambiare la realtà utilizza il materiale che ha.

Darò una mano che poi è quello che ho sempre fatto che io quando mi sono seduto, ho sempre salutato e poi sono tornato da dove ero venuto senza nessun rimpianto. Non sono renziano pertanto, sono solo un marxista in prestito al PD, perché ritengo che questo sia un momento brutto, pericoloso e incerto.

Darò’ una mano, una piccola mano, una insignificante mano che si andrà ad aggiungere a tante altre. Darò una mano per non dover dire un giorno che nemmeno ci ho provato.

La politica, quella vera, è soprattutto dare speranza, ancora prima che dare certezze e risolvere i problemi, perché senza speranza, il futuro non esiste. Matteo Renzi ha ridato speranza a tanti, l’ho toccato con le mie mani, l’ho sentito come quell’animale politico che un tempo sono stato.

Renzi  è l’unica speranza che la sinistra ha in questo momento di battere le destre siano queste grilline, leghiste o populiste. Lo so, sono di parte e partigiano ma non ci posso fare nulla “ quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che sono solito portare: ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto”!

 

 

 

One thought on “LA MIA AVVELENATA

  1. Mai parole sono state altrettanto chiare, mai pensieri sono stati così condivisi, mai permetteremo a personaggi che della sinistra si sono riempite le tasche e le bocche di ritornare a sporcare i nostri ideali. Anche io, come molti, non sono Renziano ma oggi come oggi è l’unico che mi rappresenta appieno e darò, non solo una mano, ma tutti i miei sforzi perchè possa essere ancora lui a guidarci.

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