LA STORIA SIAMO NOI, VOI AL MASSIMO LA GEOGRAFIA

 

 

Visto dalla “Torre d’Avorio” il momento politico è eccezionalmente surreale soprattutto per chi viene da tempi in cui metterci la faccia significata prendere sberle dal vivo, quando non erano manganellate o peggio ti sparavano. Un tempo i pensieri erano forti, non deboli come quelli odierni e si confrontavano finanche nelle piazze nel senso fisico del termine che non sempre sapevi se tornavi a casa con tutti i pezzi intatti.

Quando il confronto era democratico, l’una o l’altra parte cercava di conquistare voti con tutti i mezzi possibili, anche comprandoli. Oggi no, tempi sono cambiati le parti in campo fanno tutto da sole, senza che la parte opposta debba fare nulla.

Da un lato abbiamo il Partito Democratico il cui unico avversario di una certa consistenza è se stesso. Si sfottono, si accusano tra di loro, il Partito Democratico al governo fa una cosa e il Partito Democratico all’opposizione la smonta. In rete i suoi militanti condividono i giornali avversari, Libero, il Fatto Quotidiano e altri che ormai sopravvivono quasi esclusivamente grazie a loro. Insomma si fanno propaganda contro.

Dall’altro il M5S e anche lui fa tutto da solo, senza che nessuno lo disturbi.  Vince le elezioni cittadine, poi  non è capace e mano a mano perde i pezzi di se stesso ma non perchè le opposizioni abbiano fatto qualcosa, no si smonta da solo. Nemmeno la soddisfazione di andare a spulciare una delibera. A Parma governava da anni, ora non più, sono usciti tutti. A Roma aspettano che la magistratura faccia il suo corso, indisturbati anche li in attesa di smontarsi da soli.

Poi c’è la destra, ormai una galassia che litiga e discute per la supremazia del nulla. Silvio Berlusconi festeggia i suoi ottant’anni, Salvini colleziona figuracce in televisione, la Meloni fa la mamma, giustamente.

Poi ci siamo noi che guardiamo questa follia collettiva dei nostri politici, noi che ci alziamo la mattina per cercare di arrivare a fine mese, noi che facciamo la lotteria delle bollette, chi vince quel mese viene pagato, chi perde si arrangia, anche questo è democratico.

Noi che siamo operai ma come classe non siamo mai andati in paradiso che quello può attendere. Noi precari che l’unico futuro che abbiamo è quello del libro di grammatica. Noi pensionati che una pensione almeno ce l’abbiamo.

Noi che accendiamo la televisione per svagarci e con gli occhi sgranati vediamo i nuovi paladini della sinistra, gente che in un giorno guadagna quello che noi guadagniamo in sei mesi. I Civati, il bocconiano Fassina, il velista per caso Massimo D’Alema, la figlia di Berlinguer novella Luxemburg… no quella era socialdemocratica, ma figuriamoci se oggi fa la differenza.

Chi è in grado di distinguere il pensiero socialista da quello comunista? Nemmeno quelli che la storia moderna la studiano su asettici libri che poi, accade su Facebook, la storia vorrebbero insegnarla a noi che l’abbiamo fatta e non abbiamo bisogno di andare su wikipedia a documentarci. Noi, c’eravamo.

Noi c’eravamo quando Berlinguer e Moro discutevano sul compromesso storico. Noi c’eravamo quando nell’85 Ingrao parlava del superamento del bicameralismo perfetto. Noi c’eravamo quando la Iotti era Presidente della Camera e veniva alle feste dell’Unità e la sua scorta veniva sostituita da quella di Botteghe Oscure. Noi c’eravamo quando il segretario del PCI lo chiamavano traditore per quella linea di compromesso, il “Ravanello” rosso di fuori e bianco di dentro, altro che Patto del Nazareno di Renzi o quello della Crostata di D’Alema. Noi c’eravamo quando le convergenze erano parallele.

Noi c’eravamo quando le Brigate Rosse rapirono Moro. Noi c’eravamo perché ai blocchi stradali la polizia ci fermava. Noi c’eravamo perché quel rapimento aprì nel cosi detto Movimento di allora un ampio grande dibattito. Già, il dibattito, e dovevi uscire di casa per confrontarti andare nelle sezioni, nelle assemblee, portare la tua voce, la tua faccia. Noi c’eravamo perché non c’era una tastiera a difenderci e quando il ciclostile si rompeva erano le braccia a girare la manovella. Uno, due, tre, cento, mille, diecimila volantini.

Noi c’eravamo perché quando finiva la colla usavi la farina che costava pure meno sperando non piovesse che altrimenti era una tragedia. Noi c’eravamo nei consigli comunali e non stavamo a guardare non aspettavamo che qualcosa accadesse. Noi c’eravamo perché la facevamo succedere e stare da una parte o dall’altra, non era la stessa cosa.

Noi c’eravamo perché non tutti si sono limitati alle chiacchere nei bar, internet non c’era. Noi c’eravamo, delegati ai congressi e anche il nostro voto ha determinato la storia. Ma noi c’eravamo anche nei movimenti, quelli che il PCI non capiva, perché noi nel bene e nel male, non abbiamo solo attraversato la storia di questo paese, l’abbiamo fatta.

E voi? Voi dove eravate? Da quale salotto dei Parioli Pippo Civati osservava la storia? Fassina lo sappiamo era alla Bocconi l’elite delle Università a pagamento. D’Alema anche lo sappiamo, una volta ha dichiarato che nel ’68 aveva perfino tirato una molotov. Era il ’95 quando lo ha detto, luglio, faceva caldo, ancora stiamo ridendo. Anche la Berliguer sappiamo dove era e non era una fabbrica,  non era la catena di montaggio. Nanni Moretti ancora lo prega in ginocchio di dire una cosa di sinistra, almeno una!

Cuperlo, oddio, Bersani. Bersani che è diventato di sinistra, quando è accaduto? E’ vero che anche la Bindi è diventata una icona del comunismo nostrano, ma siete davvero senza alcuna pietà?  Noi c’eravamo, non dimenticatelo quando commentate.

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