L’OMAGGIO DI FRANCESCO AL VELO DI RANIA

 

L’ha rifatto.  Già aveva baciato sulla guancia Cristina Kirchner presidente della sua Argentina che più che uno strappo al protocollo era una vera e propria lacerazione della rigida etichetta vaticana che non era stata ben digerita da quella parte della Chiesa poco apostolica ma molto romana. Ora si supera e ci ricorda che dobbiamo rispetto all’altra metà del cielo e di fronte alla splendida regina di Giordania accenna un inchino. Rania, se non le bastasse esser donna, è anche mussulmana ma ha il capo velato, seguendo quell’etichetta che spesso abbiamo visto non essere rispettata da dal donne cristiane che lo hanno incontrato. I gesti, i gesti come la parole hanno il loro valore anche in un mondo che va alla deriva.

“Chi rappresenta Cristo non si inchina davanti a nessuno “, lo avrete sicuramente letto su qualche sito oscurantista che ancora spera di rimettere in piedi la Santa Inquisizione per la salvezza delle anime.  Eppure nel mio disincanto di non credente atipico ricordo quel Cristo fare ben altro che inchinarsi, dare la sua vita per la salvezza di tutti e con passione che, al contrario di quanto si crede, significa dolore.

Ancora una volta Francesco demolisce quella ieraticità stucchevolmente intrinseca nella sua natura che vorrebbe il Vescovo di Roma al di sopra di tutti gli altri. Il protocollo vaticano che va a rotoli e non sono i rotoli del mar morto.  Saltano regole centenarie che una per una vengono rinchiuse in uno di quei bauli che un tempo si mettevano in soffitta. In cantina andavano invece quelle cose che di tanto in tanto venivano riesumate per Pasqua o per Natale.

Quell’inchino è la galanteria dell’uomo di fronte ad una donna, un rispetto che non può venire a cessare solo perché l’uomo si è fatto Pontefice. Pontefice, al giorno d’oggi le parole ai più non dicono nulla, sono come etichette appiccicate sulle cose che nella mente non rimbombano del loro più profondo significato. Il pontefice era in quei tempi di fasti antichi di fronte ai quali impallidiamo di vergogna, il sommo sacerdote che presenziava alla costruzione dei ponti. Di tutti era quello più importante che per gli antichi romani unire due opposte sponde non era solo pregevole architettura ma atto magico e sacro degno della massima cura.

Francesco, più d’ogni altro Papa incarna l’essere gettatore di ponti nel vero e letterale senso della parola, tanto da unire perfino chi sulla sponda diametralmente opposta assiste con affascinata attenzione al suo operato. Cosi in quell’accennato inchino riconcilia la Chiesa con quell’esser donna che solo i più attenti cultori mariani avevano posto al centro del loro essere cristiani. Io devo parte del mio cognome a quel secolare culto, ancor più rafforzato dal nome di Maria che solo la progenie maschia della stirpe porta con il nome in onor suo.

I nomi, le parole e con esse la loro sostanza oggi spesso vengono gettati nel vento e passano senza significare nulla. Così la massa dei cattolici che ancora si reca in chiesa assiste indifferente a quella frase sentita mille e mille volte “questa è la parola di Dio”. La Bibbia è scritta in ebraico antico, anche se noi leggiamo una traduzione dal greco, e in ebraico “Javè” significa non Dio, come erroneamente lo traduciamo ma il Verbo. Dio è quella parte della frase senza la quale questa non ha più alcun significato. a tal punto contavano la parole in quel tempo perduto.

Così se non riesco a vedere nessun rinnovamento in una politica sempre più gridata e sempre più offensiva dell’udito come dell’intelligenza, una politica sempre più vuota di valori ai quali potersi affezionare, il mio essere talmente laico da essere quasi sconveniente, assiste allibito al fascino mistico di questo uomo tra gli uomini che è Francesco, il Papa che torna a far coincidere la forma con la sostanza quasi volesse riportarci alle origini delle catacombe, quando essere cristiani aveva un preciso significato.

Ai piedi le scarpe vecchie come a dire che sta solo continuando il cammino, la mitra sotto braccio perché Cristo la croce se l’è portata da solo fin sul Golgota e quel copricapo al cospetto è ben poca cosa. Certo io sognavo tutta un’altra rivoluzione, una rivoluzione che invece, visto come vanno le cose, è certo che non vedrò mai.

Lo hanno preso dall’altra parte del mondo, da quella stessa parte che sotto la croce del sud ha dato i natali a mia sorella, lei che invece ci credeva. Per quanto l’esistenza possa apparire ingiusta, è una esperienza che, potendo, vale la pena di vivere fino in fondo.  Se ho la speranza di vedere qualcosa di buono, questa oramai è tutta nelle mani di Francesco. Che sia l’inizio di una nuova storia, questo non lo so ma è la prima volta che non mi sento giudicato e questa è una strana sensazione, piacevole a dire il vero.

Mio padre fu guardia palatina con la divisa michelangiolesca e tanto di alabarda, che si chiuda uno di quei tanti cerchi che hanno disseminato la mia esistenza? Chi può dirlo, io no di certo.

4 thoughts on “L’OMAGGIO DI FRANCESCO AL VELO DI RANIA

  1. Tanto di cappello…mi inchino a te, al tuo dire, all’assoluto rispetto che stai dimostrando per questo Papa, diciamo meglio quest’uomo Francesco che sta davvero rivoluzionando l’etichetta vaticana (finalmente! Poiché obsoleta, ancorata ai costumi di quando ancora lo Stato Pontificio era sovrano su gran parte del centro-Italia, e quindi il Papa, più che occuparsi delle anime, si occupava dei suoi possedimenti. Chi dovrebbe rappresentare Cristo in terra, come Pietro, non ha bisogno di un regno personale, di un palazzo imperiale, di corone o di tiare che esse siano, di scettri o ferule che siano, ma di saper accogliere, di farsi umile, come umile era Gesù. Io non so, come non sai tu, se riusciremo a vedere fino a dove arriverà questo cambiamento, ma spero tanto che Francesco continui a portare avanti con coraggio quel che ha iniziato!

  2. Lo spero anche io Danila, il messaggio cristiano, al di la del fatto di credere o meno, è stato un qualcosa di rivoluzionario per la storia dell’umanità. In questo mondo che osservo con distacco Francesco mi affascina. Due Papi in vita è già in se un fatto eccezionale. Quando si affacciò a quella finestra io, come tutti, credo, ci aspettavamo la frase storica e lui invece….Buonasera! Tempo addietro scrissi che se non voleva essere solo una operazione di facciata doveva mettere le mani sullo IOR, sta facendo anche quello e molto di più. Allo stesso modo rimasi affascinato da un evento di anni addietro di cui non si parlò molto e sopratutto non si parlò di quello che si erano detti. Wojtyla incontrò Fidel Castro e in quel momento, ambedue consapevoli, credo, si incontravano i due sconfitti del millennio passato. Da un lato il messaggio di emancipazione degli ultimi come classi sociali, dall’altro la dottrina cristiana oramai solo una facciata senza più un reale seguito, spogliata della sua valenza mistica. Se il cristianesimo cambiò il rapporto millenario dell’uomo con la divinità, il marxismo pose l’uomo al centro del suo progetto. Due sconfitto, dicevo, che si incontravano dall’altra parte del modo. Non so cosa avrei dato per poterli ascoltare.
    In questo Blog il pensiero cerca di non dormire e mi auguro di mantenervi…svegli!

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