MARSIGLIESE ALLA PUTTANESCA

Image00001Mentre in Francia trionfa Marine, figlia d’arte di Le Pen, l’omonima Marina non sembra intenzionata a seguire le orme paterne anche se  con una modalità tipicamente italiota riempie le pagine dei giornali con i suoi “scendo in campo”, non scendo in campo facendo ogni volta sobbalzare sulle poltrone i vari capetti che altro non stanno aspettando che quel fatidico 10 aprile in cui si dovrebbero concludere i giochi per Silvio Berlusconi. Il condizionale nel nostro paese è sempre d’obbligo, non essendoci nessuna certezza della pena.

Se la Francia si appassiona per la sfida parigina tutta al femminile tra la socialista Anne Hidalgo che cercherà di sollevare le sorti del suo partito in caduta libera e la conservatrice Nathalie Kosciusko-Morizet favorita dall’onda di estrema destra che soffia sul paese, la dinasty italiana è tra la fidanzatina di Arcore oppure la pitonessa Santanché al punto che diventa interessante sapere cosa ne pensi di tutto questo il cagnolino Dudù, già a suo tempo escluso dagli accordi tra Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale.

Le vicissitudini giudiziarie dell’ex Cavaliere, lo avrebbero dovuto indurre ad aprire un confronto vero su quello che avrebbe dovuto essere il futuro del suo movimento che, nel bene e nel male ha dominato la scena politica di questo nostro paese negli ultimi vent’anni. Invece non è stato all’altezza della situazione, innestando un ridicolo piagnisteo nei confronti di una magistratura e di un Parlamento che, ironia della sorte, altro non hanno fatto che dare seguito a leggi promulgate e votate dallo stesso Berlusconi. Come a dire, dopo tante leggi ad personam, fregato da l’unica per totam. La massima ilarità possibile per una politica italiana che sempre più assomiglia ad una parodia di se stessa. Finite le idee e la capacità di sorprendere i suoi avversari, sempre più sembra venire a galla che la presunta invincibilità di Berlusconi sia stata più che altro alimentata dalla “pochezza” di chi l’avrebbe dovuto contrastare. Si chiamassero D’Alema, Veltroni o Bersani.

Ricorderete senz’altro che l’unico che lo sconfisse nel segreto delle urne, fu quel Romano ProdI il cui governo fu poi silurato da un Bertinotti coadiuvato dal Leader Maximo, il solito prezzemolino D’Alema il cui zampino sta in quasi tutte le disgrazie della sinistra italiana di questi ultimi decenni. Una sinistra che sembra votata più che altro all’autolesionismo satirico. Non paghi di aver affondato quel governo, Romano Prodi, che non dovremmo dimenticare è il padre fondatore del PD, è stato nuovamente silurato dal suo stesso partito nella corsa, si fa per dire, al Quirinale. Gli ormai celebri 101 “D’Almati” che non hanno mai avuto il coraggio di rivelarsi. Come a dire che al peggio non c’è mai fine.

Ora oltre ai suoi guai con la giustizia e i problemi dovuti alla scissione del suo movimento, con Matteo Renzi, per il vecchiodi morettina memoria, si aggiunge la sfida generazionale. Non sarà facile, non potendo essere presente nelle liste per l’europee e senza altre idee che cavalcare l’ostilità contro le politiche rigoristiche di Bruxelles. Posizione che deve però dividere con le altre destre italiane, Fratelli d’Italia, la Lega e il Movimento 5 Stelle. Il che oltretutto gli impedirà di rappresentare quei “moderati” che molto probabilmente guarderanno con simpatia verso un Matteo Renzi, naturale erede di quelle correnti di sinistra della defunta Democrazia Cristiana, prima confluite nella breve iperbole del Partito Popolare, poi nella Margherita ed infine cofondatori dell’attuale Partito Democratico

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