MATTEO RENZI O L’ENNESIMO GRILLOPARDO?

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Ancor prima di iniziare, onde evitare i soliti equivoci che in rete sono all’ordine del giorno, quasi nessuno avendo la pazienza d’arrivare fino in fondo a un discorso ma a molti piacendo giudicare a priori e senza cognizione di causa, mi dichiaro grilloschifico e renziscettico.

La prima condizione del pensiero è dovuta ad anni di discussioni sul “personale e politico”, un tempo si era soliti incontrarsi e parlare. In breve, se gridi, offendi e usi parole volgari nel tuo esprimerti non puoi essere una brava e onesta persona di sani principi morali e questo a prescindere da quello che a chiacchiere provi a sostenere o a dimostrare. La seconda unicamente perché essendo un rivoluzionario sono tendenzialmente un conservatore, ma magari questa provo a spiegarla un’altra volta.  Ciò non toglie che quanto mi accade attorno susciti il mio interesse se non la mia approvazione.

Il primo aspetto che mi sembra di poter cogliere è il fatto che senza Berlusconi e quello che ha rappresentato nella “cultura” e nel sociale di sicuro non avremmo avuto ne il “grillismo” ne tanto meno il “renzianismo” o come preferiate chiamarlo. Berlusconi è stato il primo a riuscire a scardinare in questo paese quelle posizioni ottocentesche da cui derivavano i modelli con cui destra e sinistra si approcciavano alla realtà veicolando le proprie idee. La sua ormai stranota “discesa in campo” parallelamente al fenomeno di “mani pulite” che ridisegnava ma mappa politica dell’Italia con lo sdoganamento del quel Movimento Sociale Italiano, erede del fascismo fu il primo passo. Non dobbiamo però dimenticare che il non più Cavaliere, operò un rimescolamento anche a sinistra, troppo spesso poco evidenziato, consentendo di far confluire in Forza Italia a tutta quella parte del  Partito Socialista Italiano che si riconosceva in Bettino Craxi. Di fatto è stato il primo a mettere insieme in un’unica formazione politica ex fascisti e socialisti. In senso più lato, se volete, destra e sinistra. I più smaliziati ed ironici di voi penseranno subito ad un ritorno alle origini, essendo stato in effetti Mussolini un importante esponente del socialismo italiano nonché direttore dell’Avanti, quello che espulse Bissolati dal partito socialista, reo di aver incontrato il sovrano ed altri elementi riformisti.

Anche a “sinistra” (in questo nostro paese le virgolette sono d’obbligo) questo rimescolamento delle carte consentiva a tutta quella parte della cosi detta “sinistra democristiana” di riposizionarsi all’interno di quello che, dopo numerosi cambiamenti di nome, conosciamo come Partito Democratico. Matteo Renzi è il giovane erede di quella Democrazia Cristiana, non avendo nulla a che spartire con gli ex comunisti del disciolto PCI.

Detto questo, l’unico parallelismo che mi sembra di poter cogliere con il berlusconismo è la capacità di dividere in due il paese. Come Berlusconi divise l’Italia in berlusconiani e anti berlusconiani anche Renzi ottiene lo stesso risultato e già solo per questo diventa un fatto di costume che se durerà, farà storia. Grillo lo teme fin dall’inizio, motivo per cui ha sempre cercato di metterlo in ridicolo, ricorderete senz’altro il suo epiteto, “l’ebetino di Firenze”. Del resto Renzi è giovane mentre il due capi del M5S sono anziani e per quei paradossi che spesso la Storia ama, Renzi rappresenta in qualche modo quel nuovo che i grillini non sono riusciti a mettere in campo. Perfino una delle provocazioni penta stellate ora si ritorce contro i suoi autori. Se per assurdo venisse presa in considerazione la proposta di togliere il voto agli anziani circolata in rete qualche tempo addietro, mentre i capi del M5S non potrebbero votare tutti i renziani potrebbero tranquillamente farlo e per molti anni ancora. Insomma se sputi controvento ti ritorna in faccia.

Anche sul versante opposto a “sinistra”, Renzi è visto come il fumo negli occhi. La prima cosa che gli si rimprovera è proprio quella sua origine democristiana, i più dimenticando che quelle correnti della Democrazia Cristiana erano, per esempio, estremamente più di sinistra di qualsiasi posizione di un D’Alema, beffeggiato perfino da un ispirato Nanni Moretti con il suo ormai celebre “di una cosa di sinistra” ormai entrato a pieno merito in un certo immaginario collettivo. La filosofia di D’Alema può essere riassunta nel fatto da lui stesso citato che la destra renda sopportabile il male che la sinistra rappresenta. Eppure, in questo nostro strano paese è sempre stato accreditato, per qualche oscuro ed ignoto motivo, come un esponente della sinistra. Qual è la destra, qual è la sinistra sottolineava un divertito e smaliziato Gaber qualche anno addietro… chissà, diciamo noi (in un improprio plurale maiestatis che vi accomuna in questo mio ragionamento), da Mussolini in poi, una certa confusione c’è sempre stata.

Anche un certo establishment, non vede di buon occhio questo terribile ragazzino che fa le conferenze stampa come un venditore dismettendo perfino uno dei simboli più detestabili di un certo tipo di privilegi del potere, le auto blu ma che ancor più potrebbe (il condizionale è sempre d’obbligo, stiamo in Italia) pensare di squarciare quel velo di menzogna che per trent’anni un certo tipo di politica ha steso una nostra realtà politica. Contro si ritrova gran parte della Confindustria e dell’alta burocrazia pubblica, la RAI con i suoi commentatori e giornalisti e quella parte della “sinistra” legata a una storia che oggi non c’è più e che forse addirittura non c’è mai stata, in un paese che anche il comunismo lo ha letto e interpretato a modo suo.

Per tutto questo tempo ci hanno ingannato con destra e sinistra, dicendoci che erano divise da fondamentali differenze di idee e di programmi, diverse soluzioni per questo paese. In realtà i programmi erano gli stessi come i privilegi dell’uno e dell’altro. Nel paese è perfino cresciuto un largo sentimento anticasta che nelle ultime elezioni è sfociato nel successo di Beppe Grillo e i suoi grillini, successo che però fino a questo momento non è riuscito minimamente a scalfire la realtà esistente al punto che taluni sostengano sia nato, addirittura con il velato intento di preservarla convogliando la rabbia in un vicolo cieco.

L’Italia renziana, d’altro canto è un’Italia semplice, che legge poco i giornali e che si informa quasi esclusivamente attraverso la televisione, quella stessa televisione che ha decretato il successo del M5S che con la rete in realtà c’entra come i cavoli a merenda. E’ un’Italia che ragiona in modo semplice e non ha molta dimestichezza con la politica o con le sue istituzioni. E’ il paese “medio”, quello che è stato mostrato in ogni sua possibile sfaccettatura dal nostro Albertone nazionale che più volte lo ha rappresentato sullo schermo e che nel tempo non è mutato un gran ché.

I programmi, diranno i pragmatisti, cosa vuole realmente fare Renzi? Ecco il punto dolente ma non nel senso che molti pensano. Siamo un’era diversa da quella a cui molti di noi erano abituati e lo stesso Marx sosteneva che per cambiare la realtà bisogna prima comprenderla. I programmi contano poco o nulla, sono sempre stati degli inutili pezzi di carta. Nessuno prima di votare si è mai andato a leggere il librone dei programmi del PD o del PDL, ma nemmeno quello di tanti altri piccoli partiti, alle ultime elezioni se ne sono presentati circa 160, quelli che realmente lo hanno fatto si possono contare sulle dita di una sola mano. Oggi conta l’immagine che vuoi dare e quella che gli elettori percepiscono di te. Cosi, vero o meno che sia, “il milione di posti di lavoro” è ormai presente nell’immaginario collettivo di questa nostra “modernità” come il Renzi che con diapositive spiega cosa vorrebbe fare come se lo avesse già fatto.

Essendo io un grilloschifico, del personaggio piace quel suo, finalmente, non rincorrere i grillini sul loro terreno, il suo deriderli e prenderli in giro, esattamente come loro fanno con lui. Li rincorre questo si sulle loro proposte che Renzi fa sue suscitando ovviamente la disapprovazione del M5S, cosa che li rende ancora più lontani dalla politica del fare. Sono però anche renziscettico e quindi non credo che Renzi riuscirà a scardinare quello zoccolo duro del nostro paese, meravigliosamente rappresentato da quel “che tutto cambi perché nulla cambi” di gattopardesca memoria. Un libro per inciso che non piacque alla sinistra dell’epoca e che il sottoscritto ritiene essere il più vitale e realistico affresco del nostro paese.

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