POPULISMO GRILLINO e NUOVE FRONTIERE DELLA SINISTRA

populismo grillino

 

E’ innegabile che il populismo, soprattutto in tempi di crisi, abbia affascino, se non altro perché è la stessa storia che ce lo insegna. Caduto il muro di Berlino, morte le ideologie in grado di dare quelle risposte che prima erano dominio delle religioni. La cosiddetta “gente” ha smesso di sognare e, senza sogni non si può vivere. Il populismo non solo ti fornisce delle risposte ma esattamente quelle stesse risposte che perfino tu saresti in grado di dare, tu che non ti sei mai occupato di nulla, tu la cui tua unica azione politica è limitata al tuo bar.

Il populismo ti nobilita, ti eleva, senza alcun bisogno che tu ti debba emancipare o studiare su alcunché e tanto meno dare esami. Ecco il fascino di movimenti populisti come quello dei 5 Stelle. Noi, intellettuali persi nelle nostre teorie ottocentesche li vediamo come un branco di ignoranti senza arte ne parte (anche se realmente lo sono) ma, i loro riferimenti, quelli che li votano, li vedono come qualcuno di loro che ce l’ha fatta. Gli idoli della porta accanto.

Se noi che apparteniamo all’altro millennio abbiamo dovuto faticare per emergere ed arrivare, crearci uno spazio, gli esempi delle nuove generazione sono invece i Corona, i partecipanti a programmi come il Grande Fratello e non i “secchioni” di Rischiatutto. Già Eco, geniale, nella sua Fenomenologia di Mike Buongiorno aveva in un certo senso anticipato quello a cui stiamo assistendo oggi. A noi, un Di Maio che sbaglia i congiuntivi ci fa sghignazzare ma dimentichiamo che lui guadagna quanto noi non guadagneremo mai.

E’ evidente che nessuno di noi, comuni mortali, potrà mai ambire ad entrare nella Storia come è accaduto a un Berlinguer o a una Iotti (solo per citare personaggi che appartengono al mio periodo) mentre invece chiunque può ambire al posto che ricopre Di Maio senza nessuna grande difficoltà, non solo ma considerate le “non doti” di Di Maio, praticamente tutti ci sentiamo enormemente superiori a lui.

Domandiamoci infatti quali titoli abbia Luigi Di Maio per essere stato votato ed eletto. Ha un diploma di Liceo Classico che oltretutto ci fa dubitare del fatto che non conosca i congiuntivi, si è dapprima iscritto a Ingegneria, per poi passare a Giurisprudenza che non ha mai terminato, ritirandosi dagli studi nel novembre del 2016. Sostiene di aver lavorato come Webmaster e come steward allo stadio e di aver avuto esperienza come assistente regista. Nel 2012, prima di entrare in politica aveva un reddito di zero euro, nel 2014 dichiarava 82.379 euro. Caramba che sorpresa!

Ora, non so se ci si rende conto di quale esempio possa essere Luigi Di Maio per le giovani generazioni del precariato e del lavoro saltuario. Non ha finito gli studi, non ha praticamente lavorato e guadagna una fortuna. Il tutto dovuto, scusatemi per il francesismo, a una stupefacente “botta di culo”, incontrare il Movimento 5 Stelle.

Se voi state pensando che questo ragazzo per essere eletto, come accadeva un tempo, abbia dovuto fare una lunga e terrificante gavetta, state completamente fuori strada. Nel 2007 fonda il primo meetup di Beppe Grillo a Pomigliano, nel 2010 si candida a consigliere comunale sempre nella sua Pomigliano ma ottiene solo 59 voti e non viene eletto. Nel 2013 viene candidato alle parlamentarie penta stellate per il collegio Campania 1, risulta essere il secondo più votato con ben 189 voti (la pagina web con i suoi voti è stata opportunamente rimossa). Una carriera invidiabile, ovviamente la mia è solo becera ironia

Ovviamente la nostra visione del soggetto è assolutamente negativa, nessuno di noi vorrebbe un figlio con simili precedenti, considerando oltretutto che la madre è una insegnate di italiano e latino. Nell’immaginario di chi lo vota invece è uno che è arrivato ad una posizione senza aver dovuto fare nulla. Che vi piaccia a meno non solo un esempio ma un mito. Un mito assolutamente raggiungibile da chiunque.

Luigi Di Maio, se non bastasse è anche vice presidente della Camera dei Deputati eletto addirittura con il voti del Partito Democratico che ha scelto proprio lui tra le tante opposizioni possibili che potevano rivestire quella carica e Di Maio ringrazia non perdendo nessuna occasione possibile per diffamare il PD e questo lo rende ancor più ammirevole agli occhi dei suoi elettori.

Naturalmente, ho preso Di Maio come esempio emblematico ma potrebbe essere la “popolana” Paola Taverna o il bel piacione Alessandro Di Battista, non cambierebbe nulla, nessuno di questi personaggi ha fatto nulla nella sua vita per arrivare a guadagnare quello che oggi guadagna, eppure sono diventati simboli e molto probabilmente verranno rieletti.

Sul fronte opposto, invece non c’è la consapevolezza di questo fenomeno, lo si sottovaluta quando addirittura non si è compiacenti o indulgenti nei loro confronti. Il tipico e stucchevole buonismo di tanta sinistra, come se fosse vero che se entra un rapinatore nella casa di uno dei tanti commentatori del PD in rete, questi gli chiede se per caso ha avuto una vita difficile o il padre lo menasse.

C’è anche chi si atteggia a superiore, cosa del resto facilissima con i 5 Stelle, forse non comprendendo a pieno che in realtà il loro è un atteggiamento assolutamente costruito fruttando le peculiarità di ognuno. La Taverna rappresenta la popolana “pane al pane,vino al vino” magnificamente interpretata al cinema da Anna Magnani, Di Maio è il bravo ragazzo, perfino un po’ “sfigato” che però “quando ci vuole, ci vuole”, Alessandro Di Battista il piacione che va bene sia per l’immaginario maschile (i ragazzi vorrebbero essere come lui) che quello femminile, è un deputato, ha i soldi e non sarebbe spiacevole avere rapporti intimi del terzo tipo con lui. Le contraddizioni? Non lo sono affatto, sono solo degli strumenti per raggiungere l’obiettivo. L’obiettivo? Ognuno ha il suo e ognuno dei tre lo rappresenta. Il collante di tutto l’insofferenza verso regole e leggi che vengono viste come oppressive e un’idea falsamente anarcoide di libertà e giustizia. Loro però hanno l’immunità parlamentare i loro seguaci no.

E’ abbastanza chiaro che i 5 Stelle in questi tre anni stanno dimostrando di essere in grado di veicolare nell’immaginario collettivo qualsiasi cosa a prescindere dai contenuti e che è assolutamente inutile rincorrerli sul terreno di inesistenti proposte come fanno all’interno del PD ambigui personaggi come il governatore Emiliano o Roberto Speranza che applaude una inesistente svolta liberale o da fuori il PD generali senza esercito come Stefano Fassina. Il Movimento 5 Stelle li utilizza furbescamente facendo leva sul loro antirenzismo ma alla fine si ritroveranno con un pugno di mosche in mano, il loro obiettivo non e Renzi ma il PD  e per due motivi. Il primo perché è l’unico partito rimasto in piedi di una certa consistenza in italia dopo il crollo del muro di Berlino e Tangentopoli, il secondo perché è un partito di sinistra e i pentastellati sono una forza oltre che populista di destra e eversiva.

Prima di Renzi, fu Bersani il loro obiettivo anche se quest’ultimo non se lo ricorda più. Ricorderete sicuramente Gargamella e la penosa esibizione in diretta streaming dove venne letteralmente umiliato. Nel momento in cui scrivo, Matteo Renzi non c’è più sulla scena politica e infatti tutto il fronte antirenziano è letteralmente spiazzato. Gentiloni non è un nemico credibile, almeno per il momento.

E’ difficile in una società priva di riferimenti ideologici, culturali e intellettuali combattere il vicino della porta accanto, perché questo rappresentano i grillini e la loro ideologia, se non utilizzando i loro stessi metodi, i loro stessi strumenti. Torino è emblematica, a un buon amministratore come Fassino, ma che nel mio immaginario come in quello di molti altri rappresenta la morte civile, la mummificazione di qualsiasi esuberanza, la tristezza assoluta, non me ne voglia Piero per questo il Movimento 5 Stelle gli contrappone una giovane virgulta della borghesia bene. Voi direte che è una iattura un personaggio del genere, vero, ma non appena i grillini scopriranno, se non l’hanno già fatto, che non sono i politici a governare le città ma le macchine burocratiche, sarà difficile mandarli a casa perché sul piano della comunicazione, della propaganda e della vendita dell’inesistente, sono anni luce davanti alla sinistra.

Siamo davanti a un bivio dove ci vuole coraggio, il coraggio di rischiare. La scommessa del futuro è quella di riuscire a coniugare una sorta di “populismo d’immagine” capace di affascinare come fu quello di Peron, riempiendolo allo stesso tempo di contenuti, di obiettivi non solo possibili, ma rivendibili nell’immaginario collettivo. Coniugare la possibilità di dare un futuro alle giovani generazioni offrendogli sogni realizzabili, che possono essere raggiunti e non essere solo propaganda. La vita delle persone deve materialmente cambiare in meglio e deve poter essere tangibile.

Bisogna essere in grado di affascinarle persone utilizzando gli stessi strumenti che usa il Movimento 5 Stelle, colonizzando il web, inondandolo di contenuti  veri, invece delle bufale e raggiungendo ogni sperduto angolo. Bisogna essere capaci di far parlare di se di propagandare adeguatamente le iniziative che si fanno che oggi sembra quasi ce ne vergogniamo. Bisogna insegnare ad usare questo mezzo che è internet.

Sognare è riuscire a vedere quello che gli altri non vedono. Sognare significa avere la possibilità di un futuro. Sognare è avere una speranza, una speranza che qualcosa nella propria vita possa cambiare e la politica deve essere in grado di far sognare, non può limitarsi alla gestione dell’esistente, per quello basta un contabile.

Di questi giorni è la ratifica delle Unioni Civili un caposaldo della democrazia a cui l’Italia è arrivata in ritardo e che nel tempo verrà ricordata come una grande conquista eppure non se n’è accorto nessuno. Il governo Renzi ha approvato la App 18, una applicazione internet per tablet e cellulari che permette ai giovani di accedere a un bonus di ben 500 euro da spendere in cultura eppure non lo sa nessuno nemmeno quei giovani a cui è diretta.

Insomma, abbiamo un problema e forse, forse è arrivato il momento di cominciare a parlarne.

 

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