RADICI

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   E’ di notte che l’albero d’acacia spande attorno il suo profumo nostalgico di lontananze ignote ed era di notte che mi facevano visita i lineamenti dell’uno o dell’altra non potendo mutare in quel mio rimembrarli ed il mio su di loro uno sguardo che vede ma che non può prendere.  Pallide forme d’un sogno che trapelando da moresche porte riviveva in quell’ombre fragile nella sua imperiale giovinezza.  Riudivo il diverso parlare delle tante radici perdute che, inconsapevole nacqui già straniero come se quel primievo vagito indifeso, levato pianto in una città lontana dalla mia fosse foriero d’un randagismo che m’avrebbe per sempre trascinato altrove.  Altrove, fin oltre i limiti dìorizzonti che tanti non avrebbero mai varcato, come fossi destinato a non appartenere a niente e a nessuno, l’esistenza una lunga teoria d’odori, diversi sapori che facendosi ogni ripetuta volta assenza, più dei luoghi avrebbero segnato la memoria, inseguendo la vita come un sogno che s’ama invano nel tempo che incurante sfugge.

 

Per l’ignaro infante l’errabondo andare è vacanza, è viaggio e ludico gioco diverso, scoperte nuove, labili e fugaci che non hanno il tempo di farsi storia, impazzite schegge d’uno specchio infranto, di luce bagliori cangianti. Poi accade, accade che uno di quei tanti luoghi ch’avrebbe potuto essere finanche un altro o, ancora altro, uno di quei luoghi si levi mistico e selvaggio nel suo delicato mistero, facendosi fascino di possesso assesato e inquieto e forte, barbarico  che d’appartenenza un sentimento insorge prepotente di sentimento.  E’ allora che il randagio scava. Scava fosse profonde quanto le radici che non ha mai avuto ed è forse questo desiderio ch’ancor più atroce rende il dolore d’essere di nuovo preso e sradicato ed orrido e straziante diviene il panorama del nuovo mondo attorno che si fà muto e scheletrico come il silente grido che nella notte rimbomba eco lungo un orizzonte che ancor più distante sprofonda. In quella lontananza brillano stelle le genti perdute come bottoni di madreperla sul vestito buono che non hai avuto.

 

Ecco come strato a strato s’ergono le dure roccie d’una cattedrale oscura e gotica dai serrati battenti chiusi ove quella tenebra silente e assorta si fà manto dolce, sereno e mito.  Un canto sirenide e splendente che al suo crepuscolare gioco… protende.

 

Nuovi odori, l’albeggiante sapore d’una coscienza che lungo il burrascoso fiume di quegli anni si snoda tra papalini sanpietrini.  Sono anni rotti, anni muggenti e forti, anni che gridano, scavano, segnano e sparano. Un mitico veleggiare d’improbabili eroi.

 

Ed ancora altrove, oltre, talvolta per scelta, talvolta per impellente necessità del momento.  Non sò esattamente quando accadde ma, magnificente come i resti del sole che tramonta l’esistenza torce e sprofonda, dà e prende quando meno te l’aspetti in un misterioso ed affascinante gioco che di continuo muta, stupisce e sorprende.  Sulla riva d’uno stagno getti un sasso con la matura consapevolezza che nulla può succedere.  Lo getti soltanto per non avere un giorno su quella stessa riva la tenaglia fredda del rimorso per non averlo neppure fatto….i cerchi, i cerchi che da quel centro s’allontanano, ricordandoli tutti, uno ad uno, una ad una.  Immutabili volti fermi in un tempo che non può tornare.  Lungo la grana dello sguardo un velo nostalgico e nel corpo più anni di quelli vissuti.  Poi, solo quando ognuna di quelle speranze s’è dissolta ed è svanita in una pace che è quasi serena ecco che sull’acqua ferma di lontananza si compone.  Leggero. Immenso. Labile e lieve che pare neppure esistere se non nella fantasia.  Ecco uno di quei cerchi che lentamente torna indietro anelando quel centro che fù l’origine.

 

Uno ad uno, una ad una, quelle che sono state le mie radici piantarsi attorno solide e vive e mi sostengono, mi abbracciano, mi festeggiano e nelle loro parole l’importanza della mia esistenza, come una nuova vita che prepotente avanza.  Il calore, la gioia, il mio muto non saper dire, lo stupore e, per la prima volta un lacrimar perlato che non è dolore.

2 thoughts on “RADICI

  1. 24 April 2013good evening,I tveoure your brdoerie very beautiful thistles.Your wisteria is beautiful. Mine will not bloom. I was told that the wisteria were very caprieuses. Have a nice evening. Encores

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