SCARPE VECCHIE E UNA CROCE DI FERRO

 

 

 

 

 

Uno dei periodi più lunghi da stanziale del mio continuo vagabondare l’ho vissuto in provincia e devo aver turbato parecchio i dogmi del parroco, anche se credo che alla fine si sia arreso al fatto che non riusciva né a ricondurmi all’ovile né ad assegnarmi un posto nel suo immaginario. Facevo il presepio e non ero neppure cristiano e che presepio. Monumentale, ogni anno ambientato in una diversa scena, una lussuosa villa del 700, Roma sparita e cosi via anno dopo anno. Lo sapeva quel sacerdote, che essendo gli allestimenti troppo grandi per casa mia, li facevo sul pianerottolo. Uscendo di casa un giorno lo sorpresi con il chierichetto, l’aspersorio levato in alto nell’atto di benedirlo.  Lo fermai. Porta male gli dissi, è tuo? Mi chiese sorpreso. Troppo lungo da spiegare, ma porta male, non farlo insistetti. Quando mi vide in chiesa per la prima volta lo vidi che ebbe come un sussulto. La speranza era l’ultima a morire ma ero lì per fare le foto alla comunione del figlio di un amico. Poi, poi ci siamo incrociati altre volte, il paese era piccolo, lui la mensa, la Caritas, io la politica dalla parte degli ultimi. Le riunioni in parrocchia, l’unico locale disponibile in quella cittadina lungo i bordi della grande città che nelle sezioni quelli dell’una non andavano nell’altra. Uno dei democristiani del paese che mi fronteggia un po’ spavaldo. Che ci fa lui qui, e quel sacerdote pacato rispondergli perfino un po’ sornione “calma Agostino che lui forse in Paradiso ci va ma tu no di sicuro!”

 

La mia bisnonna era nipote di un cardinale e viveva in via della Conciliazione. Sono stato il più piccolo chierichetto di una microscopica chiesetta di suore tra le Mura Vaticane, dove ho abitato nei miei brevi periodi romani. Ancora ricordo suor Teresina che se il Paradiso esiste veramente siede di sicuro tra quelle nuvole. Il compianto cardinal Martini era amico di famiglia, quello che mi diede la mia prima comunione in una cappella sotto il balcone dove si affacciava il Duce a piazza Venezia. Ho studiato dai padri barnabiti e al contrario di molti, le mie esperienze personali con il clero sono sempre state stupende.  Ho conosciuto e frequentato solo brave persone che ancora ricordo con affetto. Il mio agnosticismo ha solide e incrollabili basi culturali come si può ben comprendere.

 

“Chi entra in chiesa si senta a casa” ha detto Francesco nel suo incontro presso la basilica di San Giovanni. Ecco, la chiesa è uno di quei luoghi dove non mi sono mai sentito a casa mia, al massimo un aspide scomodo e tollerato, un luogo che non mi è mai appartenuto, molto lontano da quell’innegabile fascino che una figura come il Cristo può avere anche su chi come me non crede. Le chiese mi hanno avuto solo per i tesori artistici che contenevano, nulla di più. C’era un distacco tra quelle brave persone che conoscevo e quella chiesa istituzionale che invece andava da un’altra parte e, a mio modesto parere, mai verso quella giusta.

 

Una mia zia ricorse alla Sacra Rota per l’annullamento del suo matrimonio. All’epoca 20 milioni di lire. Se avevi i soldi pagavi e ottenevi una specie di divorzio, per gli altri doveva essere fino a che morte non li separava, motivo per cui in quel periodo andava molto di moda il delitto d’onore.

 

“Non chiedete soldi ai fedeli” dice ancora Francesco. E’ normale che uno pensi: ma questo ce l’ha con me!  Ovviamente non è vero, non sa nemmeno che io esisto ma tra noi c’è stata subito una sorta di empatia fin dal primo giorno in cui si è affacciato a quella finestra non troppo lontano da dove i miei nonni hanno vissuto gran parte della loro vita.  Non mi era mai accaduto di assistere in televisione all’insediamento di un Papa e in tutta franchezza mi attendevo, come del resto credo tutti, una di quelle frasi storiche che poi un domani uno può dire con orgoglio: c’ero anch’io. Invece… Buonasera! e ho sgranato lo sguardo.

 

Viene dall’altra parte del mondo Francesco, un mondo che non ha nemmeno lo stesso cielo di questo nostro vecchio e sgangherato mondo. Non è la Stella Polare quella che lui cerca nella notte per orientarsi ma la Croce del Sud. Una prospettiva diversa la sua, una prospettiva che per un tempo è stata anche la mia. Scarpe vecchie e una croce di ferro. Non credo nel tuo dio Francesco, ma continua cosi che questo mondo distratto e un po’ bislacco ha bisogno di potersi specchiare in qualcosa che non sia come noi ma, migliore di noi.

 

Un agnostico abbraccio.

 

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