TRENITALIA. CHI TI DA’ DI PIU’? – viaggio semiserio su un treno

Image00001Accade per ludici motivi che avendo a che vedere con il piacere non starò qui a raccontarvi al fine di non eccitare troppo la vostra fervida fantasia, io debba partire, avendo scelto quell’ora di mezzo in cui le persiane abbassate ancora custodiscono i sogni.

Roma non è una città qualsiasi, senza nulla togliere a tutte le altre. In un tempo remoto di lussuriosi fasti sepolti e dimenticati è stata il centro del mondo conosciuto. Riverita, odiata e amata. Capitale del più grande e longevo impero che la Storia abbia mai raccontato, ma non si può “campare” di glorie che non ci appartengono più da tempi immemorabili. Una considerazione amara ma intellettualmente onesta come si confà a un luogo dove il pensiero non è solito dormire.

Sono le 5 e 30 e sono a Termini, nome che doveva evocare ben altro che la “terminazione” d’ogni nostra velleità di intraprendere un sereno viaggio.download (3) Se avete quell’età della ragione tanto cara a Sartre da scriverci un romanzo e pensate che le stazioni di una metropoli possano essere un centro di vita pulsante ad ogni ora del giorno e della notte dove potervi trovare ogni cosa possa essere utile o anche soltanto di conforto al vostro viaggio, vi consiglio di lasciare ogni vostra speranza sull’ampio piazzale della Stazione Termini.. D’altronde è sempre meglio una crudele verità piuttosto che una confortevole delusione. Le 5 e 30 a Termini infatti rappresentano la morte civile, quindi il consiglio che posso darvi è uno solo: organizzatevroma terminii.

Se appartenete a uno di quei segni zodiacali che maghi e fattucchiere ritengono dotati una certa previdenza che talvolta sconfina con la pedanteria, siete in una botte di ferro. Avrete sicuramente già acquistato giornali, riviste, settimana enigmistica e quant’altro possa scongiurare che qualche incauto “collega” di viaggio possa voler “attaccare bottone” con voi. Se invece non lo avete fatto, non vi resta che sperare che la Bellucci vi sieda accanto se siete uomini o lo faccia George Clooney se appartenete all’altra metà del cielo. Sempre che, al contrario del sottoscritto, non amiate quelle ciane (uomini o donne che siano) che si “interessano” dei fatti della vita altrui con logorroica perseveranza.

Con la perspicacia che vi contraddistingue avrete compreso che alle 5 e 30 i giornalai a Termini sono inesorabilmente chiusi, al pari di tutte altre attività commerciali. Anche se pensate di essere fortunati perché magari proprio mentre state arrivando uno degli edicolanti sta alzando la saracinesca, non illudetevi, nonostante il pacco con i giornali stia proprio li ai suoi piedi il vostro quotidiano rimarrà un sogno esattamente come quello di viaggiare con la Bellucci. L’edicolante ministeriale sarà operativo soltanto dopo che il vostro treno sarà partito.

Nonostante questo, ancora non sapete di essere stati fortunati. L’unico bar che troverete aperto è anche l’unico di tutta la stazione dotato di servizi igienici. Approfittatene senza alcuna remora e conservate lo scontrino, è indispensabile per mingere, altrimenti vi costerà altri 70 centesimi presso l’apposita cassa posta prima dei “cessi”. Siete a Roma del resto, dove un imperatore, tale Vespasiano, divenne famoso proprio per aver tassato la pubblica minzione. “Pecunia non olet” si riferisce infatti proprio a questo particolare. A volte la Storia si fa beffe dei suoi protagonisti. Pensate cosa è accaduto al povero Clinton in tempi moderni, ricordato dai posteri per una “fellatio” che gli costò la presidenza. Sebbene nutra dei seri dubbi che il motto chi di “fellatio” gradisce, di “fellatio” perisce, possa diventare famoso quanto la frase latina riferita a Vespasiano. Ovviamente a Termini ci sono anche i bagni pubblici e se avete tempo potrete divertirvi a cercarli.

Dopo il caffè e l’aver espletato le vostre funzioni fisiologiche, prima di partire proverete senz’altro l’irrefrenabile desiderio di sapere da quale binario partirà il vostro treno. Avrete una piacevole sorpresa che sarà anche l’unica qualora siate nati e cresciuti in quel tempo dove il “cartaceo” la faceva da padrone. Gli orai ferroviari con gli arrivi e le partenze ancora esistono e sono affissi in ogni dove tanto che non dovete nemmeno cercarli, saranno loro a trovare voi. C’è solo un piccolo ed insignificante dettaglio. I treni non partono e non arrivano ai binari assegnati su quegli enormi fogli stampati, del resto, converrete con me  cosi sarebbe troppo semplice e il vostro viaggio privo di qualsiasi  imprevisto che poi è il sale della vita. Siamo nell’era del digitale e cercate di tenerlo presente voi che siete rimasti attaccati all’analogico.

A Termini i treni partono e arrivano su binari che non è dato di sapere fino a una manciata di minuti prima dell’orario previsto e, sappia telo,  fanno fede solo ed unicamente i cartelloni digitali che sembrano voler prendere per il culo i passeggeri che li scrutano con il naso all’insù con la stessa aria preoccupata con cui un tempo i nostri antenati dovevano consultare gli aruspici. Siamo tutti sulla stessa barca, nonostante non siamo al porto ma in una stazione ferroviaria e ci fa male la cervicale.

La posizione del mio treno su quei futuristici tabelloni continua a guadagnare posizioni verso l’alto, un buon segno, ma anche solo l’idea di indicare da quale binario partirà, non attraversa nemmeno per un istante il cervello di chi gestisce il sistema. Io quell’omino dei cartelloni me lo immagino che ci osserva divertito dall’alto vedendo le nostre facce sempre più preoccupate di perdere il treno.

Dagli altoparlanti si susseguono i messaggi degli arrivi e delle partenze, tutti in concomitanza con l’orario previsto, poi quell’innata ironia che ha reso i romani famosi anche all’estero prende il sopravvento e viene annunciato l’arrivo in stazione del treno ad alta velocità Freccia Rossa proveniente da Milano che porta 150 minuti di ritardo. Alla faccia dell’alta velocità!

Ad un certo punto, quando ormai avete perso ogni speranza di partire  e vi state guardando in torno alla disperata ricerca di qualcuno a cui chiedere informazioni, il miracolo avviene ma  in differita. Prima sul cartellone e poi dagli altoparlanti.

L’avvenimento è identico per tutti, qualsivoglia sia il vostro treno e questo sia che dobbiate partire com’è il mio caso, sia che siate in attesa di qualcuno che arriva. Lo scopo dell’avviso all’ultimo momento è evidentemente quello di creare schiere di persone che nello stesso momento si muovono all’interno della stazione il più velocemente possibile scontrandosi le une contro le altre e devo ammettere che questo obiettivo è raggiunto ai più alti livelli e con una precisione da far invidia perfino ai tedeschi.

Non mi ritengo una persona superficiale e infatti comprendo a pieno l’intrinseco messaggio sociale che si vuole dare con questa tecnica dell’ultimo momento. E’ l’estremo tentativo di abbattere quelle “diversità” che inevitabilmente dividono il mondo in due fronti contrapposti, quello dei ritardatari  e quello  dei puntuali. Un modo come un altro per farci sentire una Grande Famiglia dove tutti siamo eguali e trattati allo stesso modo. Bisogna darne atto alle Ferrovie dello Stato, infatti io sto correndo esattamente come la coppia che trafelata è arrivata in stazione all’ultimo momento.

Ho detto le Ferrovie dello Stato, anche se in realtà non sono cosi sicuro che si chiamino ancora cosi. Cambiare il nome alle cose mantenendone la sostanza è una cosa che a noi italiani piace tantissimo. Ve lo ricordate quando a scuola c’erano i bidelli? Ora non più, adesso al loro posto c’è il “personale non docente” e se non cogliete la grandezza filologica della negazione che afferma è un problema vostro e siete obsoleti. Il nostro paese si evolve nonostante voi e gli spazzini sono diventati “operatori ecologici”, pur continuando lo stesso a raccogliere “mondezza”. Vi consiglio di adeguarvi quanto prima, lo ha fatto perfino la polizia dismettendo i vecchi cani poliziotto e dotandosi di “unità cinofile” molto più adeguate ai tempi moderni.

Anche io ne avuta una, di unità cinofila intendo. Yanez de la Gomera, il braccio destro di Sandokan. Detto tra noi Sandokan mi sembrava eccessivo per questo scelsi un nome tangenziale ma credo che sto divagando, una cosa che mi accade spesso. Sarà l’età che avanza. Avanza nel senso che viene avanti non che sia di troppo che anche quelli, gli avanzi, un tempo si conservavano e oggi si buttano. Ma non rimpiangiamo i tempi andati che poi in definitiva ci piacciono soltanto perché eravamo giovani e forse anche belli.

Comunque il treno è arrivato al binario indicato e non a un altro e questo in se è già una bella notizia. Il mio biglietto indica la carrozza e il numero del posto. Non ho nessun problema a individuarli, il che significa che non può mai essere tutto negativo.

Ora accade una circostanza assolutamente imprevista e che non poteva in alcun modo essere considerata da chi ha progettato le carrozze del treno. Nel partire ho fatto un gesto inconsulto senza stare li a pensarci troppo. Mi sono portato dietro una valigia. Lo so, non avrei dovuto, ma ormai non posso di certo tornare indietro.20150522_062313

Mi sento di darvi un consiglio qualora vi appropinquate, magari per la prima volta, a viaggiare con Trenitalia, le valige non sono gradite a bordo, soprattutto quelle grandi. Sono ammessi o meglio tollerati solo beauty case e trolley di modeste dimensioni. Quindi anche se dovete andare lontano, portatevi solo lo stretto necessario, altrimenti sappiate che quella valigia che vi siete incautamente portati appresso non saprete dove metterla. Qualora però non riusciate a separavi da cose inutili come camicie, calzini e mutande ho la soluzione. Io sono positivo e di fronte a un problema cerco sempre di essere dalla parte della soluzione, mai da quella del problema. Dividete il vostro bagaglio in due, tre o più valige piccolissime. Quelle troveranno sempre posto sopra le vostre teste o quelle degli altri che il loro scomparto essendo di cosi misere dimensioni è sempre vuoto anche quando il treno è pieno. Non ho altra soluzione che lasciare la mia valigia oltretutto italianissima in mezzo al corridoio.20150522_062304

Ora vi aspettereste che il treno parta in ritardo, e invece no, per quello c’è ancora tempo, non disperate. Il treno parte in perfetto orario proprio come quando c’era “Lui”, una cosa che renderà felici i nostalgici estimatori di Giorgia Meloni. Mi attende un confortante e mediamente lungo viaggio a bordo dei nuovi treni. Nemmeno sono partito che un invitante annuncio mi informa che al centro del treno è situata la carrozza bar che mi sta aspettando con le sue brioches e le favolose torte.

Non ci cascate! Si tratta di una trappola. La carrozza bar del convoglio è una chimera. Non mi è dato di sapere chi sia l’esimio progettista della “carrozza bar” ma credo che si tratti di un “essenzialista”. Ho detto “essenzialista”, non esistenzialista che quelli al contrario si pongono un sacco di domande e talvolta, trovano perfino le risposte. L’arredamento lo potremmo definire spartano, o se preferite siccome non siamo in Grecia (e considerata la sua situazione attuale è una fortuna) un francescano moderno. Domina il grigio e il vuoto, nel senso che nella carrozza non solo non c’è nessuno ma nemmeno l’arredamento. Il bancone, non ho con me un metro, ma non credo che arrivi al metro, infatti stavo per attraversare tutta la carrozza senza nemmeno vederlo ed è stato proprio il vuoto ad attirare la mia attenzione. L’assenza. Accade spesso che le cose ti manchino proprio quando non ci sono più.

Il grigio è risaputo che fa allegria e mette di buon umore e infatti mi sono avvicinato allo sconsolato giovane barista per un caffè con lo spirito giusto. Siamo soli, io e lui uno di fronte all’altro. “Un caffè, grazie” è la mia frase storica. Purtroppo non avevo “spicci” con me, la banconota più piccola che alloggiava nel mio portafoglio era da 10 euro, una enormità per un caffè da un euro e cinquanta servito in tazzina di puro polistirolo. Non aveva resto. Tento un “e se ne prendo due?”. Lui controlla, e scuote la testa. Niente caffè quindi e riattraverso il treno per tornare al mio posto. Morale, portatevi un termos con il caffè oppure munitevi di monete prima di salire in treno. Come vedete c’è sempre una soluzione a qualsivoglia problema.

Se non potete prendere un caffè non per questo Trenitalia non pensa a voi. Infatti le Ferrovie sanno perfettamente che se siete arrivati presto in stazione siete privi di qualsivoglia giornale e ha provveduto. Sul vostro sedile o su quello accanto o comunque su un altro, avete trovato “La Freccia” che ovviamente, non è la storia di Robin Hood e della sua allegra brigata. Mi risiedo e mi accingo a sfogliarlo.20150522_070452  Fin dalle prime pagine mi rendo conto di essere sul treno sbagliato. Se andavo all’Expo avrei avuto una riduzione del 20%, 130 mila posti a disposizione e ben 72 Freccia Rossa a disposizione. Insomma una intera faretra! Sempre se non siete gli sfortunati passeggeri di quel Freccia Rossa che portava 150 minuti di ritardo.

Non dobbiamo essere disfattisti in un momento cosi brutto di crisi economica, un ritardo può sempre accadere. L’Expo potrebbe essere un volano almeno per le zone limitrofe e di questi tempi non si deve buttare niente, quindi prendiamola sempre con filosofia che poi è quella cosa che con la quale o senza la quale, tutto rimane tale e quale. Il che, non sempre è un male e può perfino diventare un libro di successo. Quindi va detto innanzi tutto che sicuramente il Freccia Rossa  per l’Expo è molto più Freccia Rossa di tutti gli altri Freccia Rossa e che la mia Freccia credo sia bianca o d’argento, tutta un’altra storia e, per il momento, non è nemmeno in ritardo.

Il viaggio procede con alcune soste nel nulla tra cumuli di vecchie traversine di cemento che quelle di legno è da tempo che sono diventate travi di camini in giro per l’Italia. Siamo fermi. Fermi lungo una delle tante periferie. Un raccordo con il passato che da una sorta di strano conforto velato di nostalgia se non fosse che è impossibile aprire i finestrini per mettere il naso di fuori. Si riparte, la sosta è stata breve che in un mondo globalizzato perfino i ritardi hanno fretta di arrivare.fc49c666fe532012d636521a0fac567b

Può accadere, non è cosa insolita, che abbiate qualche impellente necessità fisiologica da espletare soprattutto se non avete seguito il mio consiglio e non avete utilizzato i servizi  di quell’unico bar alla stazione Termini che li ha. In ogni caso non ci sono  problemi e memori dello slogan che avete sicuramente letto su “La Freccia”, “Trenitalia, chi ti  può dare di più” vi appropinquate ad un bagno che, con molta probabilità sarà in ogni carrozza. Ora, è abbastanza risaputo che se la fortuna è cieca, la sfiga invece ci vede benissimo ed è tutta dalla vostra parte. 20150522_075818Sulla carrozza di bagni non c’è uno ma ben due e altrettanti appositi cartelli vi informano che sono fuori uso. Poco male penserete voi inguaribili ottimisti, saranno nella prossima.

Auguratevi di essere in buona salute quando viaggiate, di non essere in alcun modo anche minimamente incontinenti e di non aver preso diuretici. Non tutte le vetture del convoglio hanno i bagni e per essere ammessi a quelli che funzionano bisogna fare la fila. Una considerazione che ha dell’ovvio. Comunque arriverà il vostro turno, state tranquilli.  La calma è oltretutto la virtù dei forti e riduce fortemente la voglia di mingere, un dettaglio non trascurabile se siete in fila davanti a un bagno.MEDITAZIONE-BUDDISTA-G

Anche nel caso dei bagni, il progettista delle Frecce ha ritenuto di dovervi insegnare qualcosa, facendovi prendere atto della vostra condizione  e questo, senza nemmeno dovervi sedere sulla riva del fiume Pedra, come vorrebbe Paulo Coelho. Appena dentro vi renderete conto che dovete assolutamente dimagrire se volete utilizzare i bagni di Trenitalia e questo, per la vostra salute è un fattore assolutamente positivo.

I bagni di un aereo in confronto sono ampi, spaziosi e confortevoli. Le mie spalle quasi toccano le pareti. Se soffrite di claustrofobia, mingere sarà l’ultimo dei vostri problemi e del resto è risaputo che la perfezione è noiosa.20150524_210716

Intanto siamo di nuovo fermi ma a una delle stazioni previste e gli altoparlanti a terra diffondono la mistica della riga gialla. La riga gialla non va assolutamente oltrepassata.  La disegnano apposta, onde evitare l’insana voglia di suicidio sempre presente nei passeggeri dei treni. Un tempo se ricordate era il divieto di sporgersi dai finestrini, ora che questi sono sigillati la riga gialla lo sostituisce e la voce dell’alto parlante vi ricorda, qualora non ci abbiate mai pensato che se la oltrepassate ci potete restare “secchi”.

Noi che eravamo ribelli, nelle Università scrivevamo “vietato vietare” e anche allora c’era qualche petulante che con il pennarello aggiungeva “è un divieto pure questo”.o7uj2u La sindrome della maestrina dalla penna rossa è sempre in agguato. Il treno si riempie e inizia la Danza delle Grandi Valigie che non trovano la loro naturale collocazione. Scambiatevi una valigia in segno di pace, sposto la mia passa la tua, alza la sua, infilo la mia. L’apartheid di quelle grosse incombe inesorabile e i viaggiatori con bagagli piccoli cominciano a guardarmi con un certo disprezzo.

Non avrei mai pensato di poter essere discriminato per le dimensioni del mio bagaglio. E’ un attimo ed ho una di quelle illuminazioni tanto care ai buddisti. Mi sembra di vederlo il progettista che in luogo indefinito dello spazio tempo  mi sorride compiaciuto. Come fosse scattata una sorta di empatia tra me e lui, comprendo perfettamente come devono sentirsi le persone di colore in una società di bianchi che li guarda dall’alto in basso. La mia innata saccensa mi aveva portato a considerare il progettista dei vagoni sotto una cattiva luce. Me ne pento e chiedo venia. Comprendere il fenomeno del razzismo sulla propria pelle,  senza uscire dal proprio paese e comodamente, o quasi, seduto è sicuramente di gran lunga più importante e significativo della mia sciocca, inutile ed ingombrante valigia. Oltretutto ora che la guardo meglio la trovo assolutamente inadeguata e sovra dimensionata.1-download-002

Tra me e me, medito. Avrei potuto sicuramente lasciare a casa i calzini, un capo di abbigliamento che oltretutto detesto profondamente. Sarebbero stati dei centimetri cubici risparmiati. Spesso nella vita ci sfuggono i dettagli e invece sono proprio quelli che determinano l’insieme. Un altro insegnamento tangenziale di quell’ignoto progettista.

Piove e gocce d’acqua si allungano sui vetri. Una nota poetica che non guasta di certo considerato che la dimensione del tempo in un viaggio in treno da pienamente ragione ad Einstein. Non è un caso infatti che quel genio incontrastato della fisica abbia utilizzato proprio i treni per spiegare la relatività sul suo manuale divulgativo, anche se sono portato fortemente a credere che non si trattasse delle Frecce di Trenitalia. Vista dalla mia poltrona non eccessivamente comoda l’Alta Velocità non sembra cosi alta, ma in realtà non ho motivo di credere che non sia effettivamente cosi, almeno fino a prova contraria.

Passa il controllore, molti gli mostrano il telefonino invece del biglietto e lui, lui non si scompone. Ha un attrezzo elettronico anche il controllore. Siamo nell’era informatica ed ora il biglietto vi arriva anche sul telefonino. Io ovviamente non mi sono fidato e a scanso di equivoci ho sia il biglietto cartaceo che quello informatico. Mai e poi mai sarei uscito di casa senza avere in tasca il mio biglietto, al contrario sicuramente di molti di voi era più probabile che dimenticassi il cellulare.

Siamo in ritardo di 15 minuti secondo l’annuncio dell’alto parlante che costantemente ci ricorda come una incombente minaccia che il bar è proprio a  metà del convoglio. Noto il disappunto sui visi dei più giovani a me invece il ritardo da sicurezza. Fa piacere sapere che ci sono delle cose immutabili nel tempo a cui poter fare riferimento, con buona pace della Giorgia Meloni. Per inciso a me, nonostante il cognome, era più simpatica la Mussolini seppure non condividevo con lei nemmeno la sua pettinatura.

Il ritardo dicevo, mi infonde sicurezza. Tutto sommato, a parte la carrozzeria futuristica, i sedili più stretti e meno confortevoli di un tempo e i finestrini che non si aprono le cose non sono poi cambiate cosi tanto. Il ritardo è anche un modo per non destabilizzare gli stranieri che visitano il nostro paese. Se vieni in Italia ti aspetti che le cose non funzionano, che Pompei sia chiusa per uno sciopero e che i treni arrivino in ritardo senza che ti venga rimborsato il biglietto e non dobbiamo deludere le aspettative dei turisti che vengono a spendere i loro soldi da noi.

All’estero siamo il paese della pizza, del mandolino e del sole. Se togliamo ai turisti anche questa immagine iconografica non ci resterebbe più nulla e finiremmo omologati agli altri. Ogni nazione  ha un aggettivo che lo qualifica. La precisione è Svizzera, tanto per fare un esempio che non ci riguarda in alcun modo. A proposito di turisti, sono tra una giapponese che parla in inglese al cellulare, una francese che fa la stessa cosa ma in francese e un ragazzo italiano che non parla con nessuno. Ha sbagliato treno e dovrà pagare un supplemento.

Come tutte le cose belle anche il viaggio finisce e con soli 20 minuti di ritardo che grosso modo, sulla tratta che mi riguarda, sarebbe stato grosso modo il tempo guadagnato in velocità rispetto a dieci anni addietro. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” dice Tancredi Falconieri, nipote del Principe Fabrizio nel Gattopardo ed è la più grande sintesi letteraria di questo nostro bel paese, Trenitalia compresa.

 

 

One thought on “TRENITALIA. CHI TI DA’ DI PIU’? – viaggio semiserio su un treno

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