MA L’AMOR MIO NON MUORE

 

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In questi tempi un po’ strani dove viviamo in un eterno presente che pare sospeso come un limbo non credo d’essere l’unico che si pone delle domande senza necessariamente avere delle risposte. La mia personale rivoluzione iniziò sul finire degli anni sessanta, lontano, verso quei tropici che sono stati per molti, sogno ma anche orrore. Una storia di calzini, una di quelle storie che segnano l’esistenza e che non scorre via come le piogge estive. Una storia cui spesso giro intorno, una storia di morte che ogni tanto torna in quei giorni che . fanno cupi e il cielo si fa plumbeo di nostalgia. L’esistenza mi ha però insegnato che tutti abbiamo la nostra piccola o grande rivoluzione dentro e che spesso le nostre scelte sono determinate dalle nostre tante storie.

 

Ho militato a sinistra per colpa di quei calzini non riuscendo mai a rimanere tangenziale alle mie scelte ideologiche, vivendole come si vive un grande amore e con l’incoscienza di tutti i grandi amori.

 

Ogni secolo ha avuto i suoi di amori, il ‘600 l’assolutismo, il ‘700 vide l’ascesa della borghesia, l’800 si innamorò del voto di censo e il ‘900’ il mio di secolo ha visto il suffragio universale e le suffragette che molti confondono con altro.

 

Una cosa è certa, se vivi di passato, sei morto dentro e non te ne sei accorto. Cosi quando Occhetto sciolse il più grande partito comunista dell’occidente la scelta del Movimento per la Rifondazione Comunista, cosi si chiamava allora quella creatura che io, nel mio piccolo, contribuì a fondare assieme a Cossutta e altri. Le parole, ho imparato in seguito con l’era berlusconiana, spesso vengono buttate li e usate a sproposito, tanto ormai nessuno fa troppo caso al loro reale senso. E’ cosi che libertà viene associata a liberismo, il suo esatto contrario politicamente e socialmente parlando e di rifondare il pensiero comunista sul finire del secolo non se ne parlò mai. Le mie considerazioni rimanendo sempre lettera morta, fino alle mie dimissioni. Mi definivano il poeta della politica una considerazione a metà strada tra il serio e il faceto.Image00001

 

Se può essere normale una sorta di nostalgia verso quello che c’era prima e’ pur vero che di nostalgia si può perfino morire e, nel mondo occidentale, perché in questo nuotiamo, il concetto di proletariato come lo definiva Marx Image00003e quello di sottoproletariato che concepiva Pasolini, non esistono più.

Con tutto il rispetto per la persona, oggi fa tristemente sorridere un Landini che minaccia di occupare le fabbriche come negli anni ’60. Un sindacalista che non si rende conto che la produzione di beni materiali non è più centrale nell’economia dei paesi capitalisti (tanto per usare uno di quei termini che non hanno più molto senso nella globalizzazione), un sindacalista che non si rende che il mondo è cambiato non ha più una gran ragione d’essere. Se le fabbriche chiudessero tutte, aumenterebbe di certo la disoccupazione ma d’altro canto non bloccherebbero il paese, da un punto di vista strategico non sono più fondamentali. Al contrario dei nipoti di Marx che oggi imperversano in televisione, i nipoti del capitalismo queste cose le conoscono bene e, sicuramente se la ridono in un mondo globalizzato dove la produzione può essere spostata dove più aggrada.Image00002

 

Pochi si rendono conto che oggi i beni prodotti possono circolare liberamente mentre le persone no e che la nuova frontiera del comunismo sta in questa dicotomia, perdonatemi la parola. Come far comprendere a queste persone che il “mito della fabbrica” come luogo di creazione del consenso e dell’emancipazione è morto e sepolto da decenni? Un’impresa impossibile considerato che metterebbe a rischio il loro stesso posto di lavoro e ruolo all’interno della società globalizzata. I nuovi “proletari” (le virgolette sono d’obbligo) sono i lavoratori del call center, i commessi e le commesse dei negozi e della grande distribuzione, gli autisti delle varie ditte di consegna postale, i tanti “dipendenti’ con partita IVA, tutti soggetti che non sono aggregati tra loro come avveniva nelle fabbriche e il problema di fondo di chi vuole farsi rappresentanza di questo diverso modo di lavorare precario e frammentato è come far crescere in queste persone la consapevolezza di essere “classe” con i propri comuni interessi comuni.

 

Non rendersi conto che nel nuovo millennio sono questi i “proletari” per quanto inconsapevoli di esserlo e non già gli operai delle fabbriche che, per quanto assurdo possa sembrare, sono perfino più tutelati, significa essere rimasti fermi a un mondo che non esiste più.

 

La politica alla fin fine funziona come i conti della serva e allora pensate per un istante cosa accadrebbe nella vostra vita personale se la FIAT (che nel mentre che s rivo non esiste nemmeno più) si fermasse per una settimana..non cambierebbe di una virgola . Di contro immaginate che chiudessero per una settimana i call center e che voi non potete più comunicare un guasto di corrente, il mal funzionamento del vostro cellulare o del vostro PC e se chiudessero pure negozi e supermercati? Ecco perche le fabbriche non sono più centrali ne strategiche e perche certa sinistra residuale non prende i voti mentre Renzi spopola.

 

Non solo è cambiato questo, senza che gli intellettuali della sinistra se ne rendessero conto, ma oggi è in crisi perfino la rappresentanza parlamentare e le sue funzioni. Facendo un paradosso pensate, sempre per quello stesso istante di prima, se il Parlamento chiudesse per quella solita settimana, siete sicuri che nella vostra vita cambi qualcosa? Io non credo, e sono sicuro, nemmeno voi.  Non solo dovremmo riconsiderare a sinistra, per quello che mi riguarda, il nostro orizzonte ma perfino riconsiderare e adeguare le forme di rappresentanza democratica.

 

Le decisioni che possono cambiare in meglio o in peggio, la nostra vita (di questo in fin dei conti si occupa la politica) non sono più in grado di poter essere prese con la lentezza elefantiaca cui siamo abituati. Il “capitalista” è oggi in grado di spostare capitali e risorse con un semplice clic su un PC’ mentre noi pensiamo di occupare una fabbrica che probabilmente nemmeno esiste più.

 

Tutto avviene in tempo reale e ogni accadimento diviene noto quasi mentre ancora sta accadendo mentre noi’ e ve lo dice un marxista, ragioniamo in un modo che spaventerebbe Marx se vivesse ai nostri tempi perché non dobbiamo mai dimenticare che lui, ai suoi tempi innestò la più grande rivoluzione della storia dopo il cristianesimo. Due rivoluzioni che nell’era della globalizzazione vanno ambedue ripensate. Papa Francesco se n’è reso conto, i post comunisti no e anche questo non può che far sorridere, d’uno riso amaro ovviamente.

 

Tante domande e tanti sassi lanciati dentro lo stagno ma volte può accadere che ci siano giornate un po’ cosi, seduti lungo i bordi d’un fiume che in definiva sono i tuoi ricordi che disperatamente cercano un futuro, ma l’amor mio non muore sebbene sopravviva a stento.

 

Buona vita a tutti voi…

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