I BROCCOLI CARI A OSCAR WILDE -febbraio 1996-

 

i broccoli cari a Oscar Wilde

Era il ’96 e la testata Hinterland, un giornale del nord-est romano. Si discuteva ancora una volta di cambiare la legge elettorale, come se questo potesse essere la panacea di tutti i mali. Avevamo  appena abbandonato il proporzionale per il maggioritario, ma ancora non andava bene.  Avevamo anche abbandonato la Prima Repubblica e ci avviavamo nella Seconda… forse e al contrario di oggi, il dibattito era molto vivace, in centro come in periferia e la gente, si incontrava davvero per scambiarsi opinioni e perfino qualche scapaccione.

“I broccoli cari a Oscar Wilde”

IMG_2038Di solito, quando mi accingo a mondare un bel broccolo, con un atteggiamento tipico da prima repubblica, conservo le foglie più tenete e getto senza esitazione i torsi nella spazzatura. Se facessi il contrario assumerei sicuramente un atteggiamento “nuovista” (pessimo neologismo), rasentando il rivoluzionario se avessi la fortuna di poterlo fare in diretta televisiva (unico modo per affermare la propria esistenza: video ergo sum, ma con buona pace dei molti bongustai di questa diafana seconda repubblica, rimarrebbe altrettanto sicuramente un’assoluta idiozia.

Oscar Wilde (per gli amanti delle citazioni colte) durante il processo che lo perseguitò, sostenne a ragione, che l’unico grande peccato che l’uomo poteva compiere era l’essere imbecille. In quella occasione si dimenticò (e noi intendiamo rimediare a quella omissione sicuri che non ce ne vorrà, d’altronde non potrebbe), si dimenticò di aggiungere che si trattava di un peccato profondamente democratico che opera senza distinzione di razza, di classe sociale, di religione, di sesso o colore politico tagliando trasversalmente classi di grandi peccatori.

Ormai caduto l’Impero del Male che giustificava tutte le colpe, assioma di macchiavellica memoria, è stato finalmente da tutti individuato il nuovo nemico da colpire, quello che fa salire i tassi di interesse, che fa aumentare la disoccupazione e l’inflazione, quello che fa lievitare le bollette ed erode il già scarso salario dei lavoratori dipendenti.

Nessuna persona di buon senso (qualità ormai desueta) avrebbe potuto immaginare che il responsabile di tutti i nostri mali potesse essere il nostro sistema elettorale e, considerato che lo avevamo appena cambiato, a questo punto, qualunque esso sia, ovvero quel delicato meccanismo, fragilmente democratico con il quale il , che oggi è sovrano  mentre nell’antichità era solo bue, elegge i suoi degni rappresentanti.

La soluzione non può che essere quella più semplice. Cambiarlo un’altra volta. Una domanda però aleggia ormai nei nostri pensieri fin dai tempi del Referendum: ma se i Casini (non le case di malaffare), i Mastella (non la compagna del tino da bucato), i Segni (il figlio non il padre, purtroppo), i Salvi (non coloro che sono fuori pericolo, anzi), i Fini (non quello dei tortellini, o sì?), i Berlusconi e i D’Alema, li eleggiamo con il sistema proporzionale alla tedesca, con il sistema maggioritario alla francese o anglofilo, oppure in un momento di alquanto probabile follia collettiva da anno mille, li eleggiamo presidenti all’americana, cosa cambia rispetto al loro essere grandi peccatori?

Sapranno fare domani quello che non sono stati in grado di fare oggi? Dai diamanti (e non è ilnostro caso) non nasce niente, dal letame nascono i fiori, cantava De Andrè. Era solo una questione di strofe, la verità è che nella cacca, con licenza parlando, vengono su bene i broccoli.

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